La responsabilità dell’ente ex 231/2001 in caso di infortunio è stata oggetto di una recente sentenza della Corte di cassazione.
La pronuncia ha offerto una generale ricostruzione dell’evoluzione giurisprudenziale relativa all’applicabilità del D.Lgs. n. 231/2001, con particolare riferimento ai reati colposi.
Di seguito ne analizziamo gli ambiti di interesse più diffuso.
Brevi cenni sulla responsabilità ex 231/2001
La responsabilità penale degli enti è stata introdotta dal D.Lgs. n. 231/2001, il quale ha previsto un sistema di responsabilità amministrativa dipendente da reato gravante direttamente sull’ente.
Si tratta di una forma di responsabilità dell’ente del tutto autonoma; ma connessa ad un illecito amministrativo che dipende dalla realizzazione di un reato (che rientri fra quelli previsti dal decreto) a sua volta perpetrato da una persona fisica.
La responsabilità degli enti può dunque essere definita come una vera e propria responsabilità da colpa di organizzazione, caratterizzata dal malfunzionamento della struttura organizzativa dell’ente, la quale dovrebbe essere volta – mediante adeguati modelli – a prevenire la commissione di reati.
L’ente pertanto non risponde se prova l’esistenza e la corretta attuazione dei modelli di organizzazione e gestione, idonei a prevenire la commissione di reati della specie di quello verificatosi.
La vicenda sottoposta a giudizio penale
Una società era stata tratta a giudizio per rispondere dell’illecito amministrativo di cui agli artt. 5 e 25 septies del D.Lgs. n. 231/2001 in relazione alle lesioni colpose patite da un suo dipendente a causa della violazione delle norme poste a tutela della sicurezza sul lavoro.
Ritenuta provata la responsabilità della società, il Tribunale di Rimini l’aveva condannata alla sanzione amministrativa pari a 200 quote dell’importo di Euro 500,00 ciascuna, per complessivi Euro 100.000,00; oltre alle spese del giudizio.
La responsabilità dell’ente ex 231/2001 in caso di infortunio
La Corte di cassazione, in tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reati colposi di evento, ha affermato che i criteri di imputazione oggettiva sono rappresentati dal riferimento all’ interesse o al vantaggio contenuto nell’art. 5 del D.Lgs. n. 231 del 2001.
Tali criteri, alternativi e concorrenti tra loro, devono essere riferiti alla condotta; e non all’evento.
Per la Cassazione, ricorre il requisito dell’ interesse qualora l’autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un’utilità per l’ente.
Mentre sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto.
Essi rappresentano due diversi criteri di imputazione obiettiva del reato all’ente; e non è dunque possibile parlare genericamente di “interesse” per l’ente onde farvi rientrare ogni tipo di profitto patrimoniale ottenuto a seguito della commissione del reato.
Il criterio dell’interesse nei reati colposi
L’ interesse è un criterio soggettivo. E rappresenta l’intento del reo di arrecare un beneficio all’ente mediante la commissione del reato.
Per questo, l’ interesse è indagabile solamente ex ante ed è del tutto irrilevante che si sia o meno realizzato il profitto sperato.
Nei reati colposi d’evento, affinchè l’ interesse per l’ente sussista, è necessaria la consapevolezza della violazione delle norme antinfortunistiche, in quanto è proprio da tale violazione che la persona fisica ritiene di poter trarre un beneficio economico per l’ente.
La volontà di risparmiare è dunque indispensabile affinchè sussista l’interesse dell’ente.
Il criterio del vantaggio nei reati colposi
Il vantaggio è il criterio oggettivo, legato all’effettiva realizzazione di un profitto in capo all’ente quale conseguenza della commissione del reato.
Per questo deve essere analizzato, a differenza dell’ interesse, ex post.
Nei reati colposi si dovrà guardare solamente al vantaggio ottenuto tramite la condotta.
La condotta, nei reati colposi d’evento contro la vita e l’ incolumità personale commessi sul lavoro, è rappresentata dalla violazione delle regole cautelari antinfortunistiche.
E’ dunque in riferimento ad essa che bisognerà indagare se, ex post, l’ente abbia ottenuto un vantaggio di carattere economico.
Per ulteriori approfondimenti, potete leggere il testo integrale della sentenza QUI →
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