Quando la clausola contrattuale è vessatoria?

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Il tema dell’individuazione del carattere di vessatorietà delle clausole contenute nei contratti è stato spesso oggetto di interventi dottrinali e giurisprudenziali.

Per comprendere quando la clausola contrattuale è vessatoria è quindi necessario approfondire il quadro normativo, come abbiamo fatto nel presente articolo approfittando di una recente sentenza del Tribunale di Salerno.

Cosa si intende per clausola vessatoria

Le clausole vessatorie sono le clausole contrattuali che determinano uno squilibrio delle prestazioni (diritti e obblighi) a vantaggio di un contraente e a sfavore dell’altro.

Nel nostro ordinamento, se ne occupano sia il Codice Civile che il Codice del Consumo.

La clausole elencate nei due Codici si presumono vessatorie; e tale presunzione, in difetto di prova contraria, determina che le suddette clausole siano nulle.

La normativa del Codice Civile si applica:

  • ai contratti conclusi tra professionisti
  • ai contratti conclusi tra imprenditori
  • ai contratti conclusi tra consumatori.

La disciplina del Codice del Consumo si applica ai contratti nei quali uno dei contraenti sia un consumatore e l’altro un professionista o imprenditore.

Il professionista e l’imprenditore sono persone fisiche o giuridiche che agiscono nell’esercizio della propria attività professionale o imprenditoriale, commerciale, artigianale.

Il consumatore è la persona fisica che agisce per scopi personali ed estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta.

La tassatività delle clausole vessatorie

Si è discusso a lungo in dottrina e giurisprudenza in merito alla tassatività o meno degli elenchi di clausole vessatorie contenuti nel Codice Civile e nel Codice del Consumo.

Ad oggi, la posizione predominante degli interpreti può riassumersi così:

  • l’elenco delle clausole vessatorie contenuto nel Codice Civile è tassativo
  • l’elenco delle clausole contenuto nell’art. 33 del Codice del Consumo non è tassativo.
Quando la clausola contrattuale è vessatoria secondo il Codice Civile

Il Codice Civile tratta della vessatorietà delle clausole agli artt. 1341 e 1342 c.c.

L’art. 1341 c.c. cita, al primo comma, le condizioni generali di contratto; ossia le condizioni predisposte da uno solo dei contraenti: queste sono efficaci nei confronti dell’altro, solo se al momento della conclusione del contratto quest’ultimo le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza.

Mentre al secondo comma elenca le tipologie di clausole che, per natura, si presumono vessatorie; ossia le clausole che stabiliscono in favore di colui che le ha predisposte:

  • limitazioni di responsabilità
  • facoltà di recedere dal contratto
  • facoltà di sospenderne l’esecuzione.

Sempre il secondo comma indica che si presumano vessatorie le clausole che sanciscono a carico dell’altro contraente:

  • decadenze
  • limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni
  • restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi
  • tacita proroga
  • rinnovazione del contratto
  • clausole compromissorie
  • deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.

L’art. 1342 c.c. cita, al primo comma, i contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari.
La norma stabilisce che le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgano su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate.

Mentre al secondo comma, stabilisce che anche ai contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari si applichino le disposizioni riguardanti le clausole vessatorie, di cui al comma II dell’art. 1341 c.c.

Quando la clausola contrattuale è vessatoria secondo il Codice del Consumo

L’art. 33 del CodiceClausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore” al comma I considera vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Il Codice del Consumo considera sempre vessatorie e quindi nulle – benché oggetto di specifica trattativa – le clausole che abbiano per oggetto o effetto:

  • escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
  • escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
  • prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.
L’elenco delle clausole vessatorie contenuto nel Codice del Consumo

Al comma II, l’art. 33 indica che si presumono vessatorie le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:

a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;

b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;

c) escludere o limitare l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo;

d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;

e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;

f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo;

g) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;

h) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;

i) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;

l) prevedere l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto;

m) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;

n) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;

o) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;

p) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d’interpretare una clausola qualsiasi del contratto;

q) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l’adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;

r) limitare o escludere l’opponibilità dell’eccezione d’inadempimento da parte del consumatore;

s) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo;

t) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;

u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;

v) prevedere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore. È fatto salvo il disposto dell’art. 1355 c.c.;

v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi esclusivamente ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR;

v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l’esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V.

Le previsioni del Codice del Consumo per singole tipologie contrattuali

Sempre l’art. 33 del Codice del Consumo ha sancito specifiche previsioni per i contratti aventi ad oggetto:

  • i  servizi finanziari
  • i valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario
  • compravendita di valuta estera.
L’accertamento della vessatorietà delle clausole

L’art. 34 del Codice del Consumo prevede espressamente che la vessatorietà di una clausola debba essere valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende.

La valutazione del carattere vessatorio della clausola non può attenere:

  • alla determinazione dell’oggetto del contratto
  • all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi.
Esclusione della vessatorietà della clausola

Sempre l’art. 34 del Codice elenca in maniera specifica i casi di esclusione della vessatorietà di una clausola:

  • riproduzione di disposizioni di legge
  • riproduzione di disposizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione europea o l’Unione europea;
  • le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale.

Per comprendere quando la clausola contrattuale è vessatoria, potete leggere il testo integrale della sentenza QUI →

Per un approfondimento della materia potete anche leggere l’articolo riguardante la necessità di specifica approvazione scritta delle clausole vessatorie pubblicato QUI → e l’articolo inerente la vessatorietà delle clausole in materia di mediazione immobiliare QUI →.

Per consulenza od assistenza sugli argomenti trattati in questo articolo potete contattare l’avv. Andrea Spreafico e l’avv. Gaia Spreafico.

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