L’abbandono del tetto coniugale

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L’abbandono del tetto coniugale è ancora un comportamento considerato illecito?

Sì: ma solo in determinate circostanze.
Qualora queste ricorrano, l’allontanamento dall’abitazione coniugale è ancora colpito da sanzioni nel nostro ordinamento.

E’ quindi importante comprendere in quali casi l’abbandono del tetto coniugale sia ritenuto illecito perchè contrario ai doveri assunti con il vincolo del matrimonio; e quali siano le sanzioni civili e penali che possano essere erogate.

Per comprendere i temi in trattazione, è innanzitutto necessario capire che con “tetto coniugale” s’intende la casa nella quale marito e moglie abitano di solito, il luogo scelto come dimora.

Occorre, inoltre, riferirsi a due dei principi individuati dall’art. 143 c.c. che regola i diritti e doveri nascenti dal matrimonio: l’obbligo di coabitazione e l’obbligo di contribuzione ai bisogni della famiglia.

Vale la pena di precisare che, come obblighi, entrambi possano essere derogati; ma esclusivamente in forza di accordo raggiunto tra i coniugi.
In assenza di accordi, entrambi i coniugi sono obbligati a coabitare e sono tenuti, ognuno secondo le proprie sostanze e la propria capacità di lavoro (anche casalingo), a contribuire ai bisogni della famiglia.

Quando un coniuge può legittimamente ed unilateralmente (ossia in assenza di accordo con l’altro) abbandonare il tetto coniugale?

Esclusivamente in presenza di gravi motivi (in presenza di violenze, fisiche o psicologiche).
I motivi possono essere anche temporanei (in acceso diverbio, una forte discussione); e, quindi, tali da giustificare un abbandono temporaneo. In tal caso, perchè il comportamento non sia censurabile, occorrerà far rientro nell’abitazione non appena i motivi siano cessati e le condizioni lo permettano.

In assenza di gravi motivi, l’unica altra possibilità di lasciare il tetto coniugale è costituita dal provvedimento del Tribunale; che, in genere, è emesso in occasione della prima udienza nel procedimento di separazione.
Va precisato che non sia vietato ai coniugi andare a vivere in luoghi diversi in epoca anteriore al deposito del ricorso per separazione ed all’emissione del citato provvedimento: ma ciò, usualmente, necessita del preventivo raggiungimento di un accordo in tal senso.

L’abbandono del tetto coniugale scatta quindi in assenza di una di queste tre condizioni che lo legittimino:

  • una giusta causa che lo giustifichi;
  • l’intenzione di ritornare a casa (in tempi brevi);
  • un provvedimento giudiziale.

Quali sono le conseguenze dell’abbandono del tetto coniugale in assenza di condizioni legittimanti?

In sede civile, il coniuge che abbandona il tetto coniugale rischia di vedersi addebitare la separazione, ossia che il Tribunale lo ritenga responsabile per la fine del vincolo matrimoniale.
La pronuncia di addebito  fa derivare due conseguenze: la perdita del diritto all’assegno di mantenimento; la perdita dei diritti all’eredità, se l’altro coniuge dovesse morire prima del divorzio.

Penalmente, il coniuge che abbandona il tetto coniugale non deve violare l’obbligo di assistenza famigliare e, quindi, non deve far mancare all’altro coniuge ed agli eventuali figli i mezzi economici sufficienti per potersi mantenere. In tali casi, è indispensabile che l’obbligo sia adempiuto mendiante la corresponsione di somme, da effettuarsi sin dall’abbandono dell’abitazione coniugale e quindi prima del formale provvedimento giudiziale che in sede di separazione regoli eventualmente anche tale aspetto.

Se volete approfondire questi temi o necessitate di assistenza in materia, potere contattare l’Avv. Riccardo Spreafico, l’Avv. Andrea Spreafico o l’Avv. Albachiara Airoldi.

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