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Il diritto dell’ex coniuge ad una quota del TFR ai sensi dell’art. 12 bis comma I della L. n. 898/1970.
Questo è il tema recentemente affrontato dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 24403 dell’8 Agosto 2022.
Di seguito, ne trattiamo gli argomenti di principale e comune interesse.
Le norme in vigore
Il testo in vigore dell’art. 12 bis comma I della L. n. 898/1970 è il seguente:
1. Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’art. 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza.
2. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.
Pertanto, il diritto dell’ex coniuge a percepire una quota – pari al 40% – del TFR dall’altro ex coniuge sorge in presenza dei seguenti requisiti:
- il coniuge richiedente non deve essersi risposato e deve essere titolare di assegno divorzile
- il coniuge nei confronti del quale viene svolta la richiesta deve aver maturato il diritto a percepire il TFR all’atto del divorzio.
In questo quadro normativo, la Cassazione ha offerto alcune utili precisazioni.
L’interpretazione offerta dalla Corte di cassazione
La Corte di cassazione, con orientamento consolidato, ritiene che una delle condizioni per l’ottenimento della quota del TFR dell’ex coniuge sia che il richiedente sia titolare di un assegno divorzile – o abbia presentato domanda di divorzio, alla quale sia seguita la relativa pronuncia e l’attribuzione dell’assegno divorzile – al momento in cui l’ex coniuge maturi il diritto alla corresponsione di tale trattamento.
La ratio della norma è, infatti, quella di correlare il diritto dell’ex coniuge alla quota del trattamento di fine rapporto alla percezione da parte sua dell’assegno divorzile.
Tale trattamento è percepito quando il vincolo matrimoniale è ormai sciolto, ma deriva dall’accantonamento di somme operato nel corso del rapporto di lavoro e, per il tempo in cui il menzionato rapporto si è svolto durante la convivenza matrimoniale.
La finalità, in sintesi, è quella di attuare una partecipazione, seppure posticipata, alle fortune economiche costruite insieme dai coniugi, finchè il matrimonio è durato.
In applicazione dell’art. 12 bis, per la Corte la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per l’ottenimento della quota del TFR va, dunque, verificata al momento in cui nasce, per quest’ultimo, il diritto all’ottenimento del menzionato trattamento nei confronti del datore di lavoro.
Per la giurisprudenza, tale diritto sorge, e può essere azionato, quando cessa il rapporto di lavoro.
La Corte ha anche precisato che non incida sulla spettanza della quota del trattamento di fine rapporto la proposizione della domanda di revoca dell’assegno divorzile, dopo che sia maturato il diritto a tale trattamento.
In materia, deve, dunque, guardarsi al momento in cui matura la spettanza del trattamento e, se in tale momento l’ex coniuge del lavoratore gode dell’assegno divorzile, ha anche diritto alla quota del trattamento di fine rapporto, che potrà essere liquidata al momento dell’effettiva percezione da parte dell’ex coniuge obbligato.
Potete leggere il testo integrale dell’ordinanza QUI →