Le fatture telefoniche a 28 giorni sono illecite.
Così si sono pronunciate le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, dopo un lungo iter processuale e con una sentenza molto articolata.
Di seguito ne abbiamo riassunto i punti di maggior interesse per i consumatori.
La vicenda
Nel corso del 2017 la società Wind ha introdotto, avvalendosi della facoltà di cui all’art. 70 del Codice delle comunicazioni elettroniche, una riduzione del periodo di fatturazione.
In forza di tale decisione, le bollette passarono da un mese a quattro settimane (28 giorni).
Tale diversa modalità di fatturazione, in concreto, determinò a carico degli utenti un aumento complessivo delle tariffe (calcolato in circa l’8,6 per cento).
L’AGCOM, con la delibera n. 121/17 del 15 marzo 2017, modificando una propria precedente delibera, impose a tutti gli operatori del settore telefonico, senza contestare l’aumento in sè della tariffa, di tornare alla fatturazione su base mensile (o multipli del mese).
Questa delibera venne impugnata dalla società Wind davanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.
Poi avanti il Consiglio di Stato; ed, infine, la questione è stata sottoposta alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
La sentenza delle Sezioni Unite
La Corte di cassazione è stata sollecitata per una questione di competenza e regolamento di poteri giurisdizionali.
Ma nella sentenza, incidentalmente, ha avuto modo anche di occuparsi delle questioni riguardanti la fatturazione “breve”.
La Corte ha innanzitutto messo in luce come lo spostamento della cadenza di fatturazione da mensile a quadrisettimanale offra il fianco a due critiche di fondo:
- finisce con l’essere “dissimulativa di un aumento tariffario”, congegnato in modo tale da risultare non “intelligibile ai consumatori”;
- rappresenta un’intesa restrittiva della concorrenza, oltre che “sleale” nei confronti dei consumatori, perchè, essendo transitati tutti i principali operatori del settore alla tariffazione a 28 giorni, la possibilità di recedere ed il cambio di operatore non avrebbe apportato alcun vantaggio.
La tariffazione anticipata, quindi:
- ha portato il numero delle bollette annuali da dodici a tredici
- ha determinato l’aumento dei costi a carico dei clienti, con una tecnica che il Consiglio di Stato e la Corte di cassazione hanno inquadrato come pratica scorretta.
Le sanzioni
Per la Cassazione, pertanto, le fatture telefoniche a 28 giorni sono illecite. Ed è quindi legittimo sanzionare tale pratica commerciale scorretta.
Per la Corte la spettanza della giurisdizione al giudice amministrativo deriva dal fatto che le misure conformative e ripristinatorie emesse dall’AGCOM rappresentano esplicazione di un potere ad essa conferito dalla legge.
L’attività dell’AGCOM deve infatti qualificarsi come l’esercizio di un potere conformativo e non sanzionatorio.
Ciò determina la possibilità di concedere un indennizzo ai consumatori, quale rimedio generale già previsto dalla legge.
L’indennizzo, in tale contesto, non è una prestazione imposta, bensì il meccanismo di restituzione ai clienti di quanto agli stessi arbitrariamente sottratto.
Potete leggere il testo integrale della sentenza delle Sezioni Unite QUI →