Interruzione della decadenza nella responsabilità solidale da appalto

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La Sezione Lavoro del Tribunale di Milano ha avuto recentemente modo di occuparsi del tema della interruzione della decadenza nella responsabilità solidale da appalto.

Attesa la molteplicità di modifiche subite negli anni dall’art. 29 del D. Lgs. n. 276/2003 che ha introdotto e da allora regola la materia, la trattazione dell’argomento necessita di particolare attenzione al fine di individuare, caso per caso, la corretta formulazione del testo vigente tra una modifica e l’altra.

La responsabilità solidale negli appalti

Il Legislatore ha introdotto nei contratti di appalto il principio della responsabilità solidale, tra committente imprenditore o datore di lavoro con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, a corrispondere ai lavoratori quanto dovuto in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto a titolo di:

  • i trattamenti retributivi
  • le quote di trattamento di fine rapporto
  • i contributi previdenziali
  • i premi assicurativi.

Pertanto, in caso di omesso pagamento da parte del loro datore, i lavoratori hanno facoltà di ottenerlo dal committente (se imprenditore); ovvero dall’appaltatore, nel caso in cui la realizzazione dell’opera alla quale il lavoratore ha contribuito fosse stata subappaltata.

Il termine di decadenza previsto dall’art. 29

Il Legislatore ha però previsto un termine di decadenza nella responsabilità solidale da appalto; così da non esporre, a tempo indefinito, il committente ed eventualmente l’appaltatore al rischio di dover corrispondere somme ai dipendenti di terzi od agli enti.

Per tale ragione, l’art. 29 del D. Lgs. n. 276/2003 aveva inizialmente previsto (nel testo vigente dal 24 Ottobre 2003 al 31 Dicembre 2006) quale durata dell’obbligazione solidale il limite di un anno dalla cessazione dell’appalto.

Tale limite è stato poi portato a due anni, a far tempo dalle modifiche entrate in vigore dall’1 Gennaio 2007.

Con le modifiche introdotte dalla Legge 92/2012 (in vigore dal 7 Aprile 2012), nell’art. 29 sono stati inseriti espressi riferimenti alla necessità per i lavoratori di esperire l’azione giudiziale per l’ottenimento dei pagamenti delle somme oggetto della responsabilità solidale.

Le modifiche introdotte dal D.L. n. 19/2024 (in vigore dal 17 Marzo 2017) hanno poi abrogato i riferimenti all’azione giudiziale.

Il fatto storico

La vicenda sottoposta all’esame del Tribunale di Milano ha avuto origine dal ricorso di alcuni dipendenti che hanno chiesto di condannare la Società subappaltatrice propria datrice di lavoro in solido con la Società appaltatrice condebitrice solidale ex art. 29 D.Lgs. n. 276 del 2003 a pagare le differenze retributive maturate durante l’esecuzione di un’opera parzialmente subappaltata.

La Società appaltatrice si è costituita in giudizio ed ha contestato le pretese avversarie, chiedendone il rigetto. Ed, in particolare, eccependo la decadenza dei lavoratori dal diritto di ottenere il riconoscimento della responsabilità solidale da appalto.

La pronuncia del Tribunale di Milano

Per il Tribunale di Milano, nel caso in esame, trova applicazione il testo dell’art. 29 comma II del D. Lgs. n. 276 del 2003, nel testo vigente all’esito delle modifiche apportate dal D.L. n. 25 del 2017.

Le modifiche richiamate avevano eliminato il precedente inciso relativo all’azione giudiziaria da proporsi sia nei confronti del committente sia nei confronti dell’appaltatore, che era stato introdotto con la L. n. 92 del 2012.

Il Tribunale ha osservato che la norma di riferimento od altra disposizione non precisino quale sia l’atto che deve essere compiuto dai lavoratori per impedire la decadenza.

E debba quindi propendersi per escludere che la decadenza vada impedita esclusivamente dall’azione giudiziaria, secondo il riferimento presente nella norma sino al 2017.

Per il Tribunale di Milano “risulta maggiormente aderente al testo della norma ratione temporis vigente giungere alla conclusione che la decadenza in questione, nel silenzio del legislatore, possa essere impedita non solo dal deposito del ricorso giudiziario, ma anche dal deposito di un atto scritto, anche stragiudiziale, inviato al committente, con il quale il lavoratore chieda a quest’ultimo il pagamento di crediti di lavoro maturati nei confronti del datore di lavoro appaltatore in esecuzione dell’appalto.”.

In tal senso si era anche espressa la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30602/2021.

I mezzi di esercizio del diritto

La soluzione offerta dal Tribunale è coerente con la ratio dell’istituto; e non in contraddizione con la natura di termine decadenziale individuata dalla giurisprudenza richiamata.

La norma mira a consentire al committente di venire a conoscenza entro un termine ridotto (dalla cessazione dell’appalto), rispetto a quello di prescrizione, di rivendicazioni dei lavoratori nei confronti del datore di lavoro-appaltatore, affinché a sua volta possa tutelare i propri interessi, per esempio sospendendo eventuali pagamenti in favore dell’appaltatore, non liberando cauzioni imposte all’appaltatore, ecc.

La norma intende avere riguardo al periodo di operatività della responsabilità del committente.

Ma non pone alcuna prescrizione circa il modo attraverso il quale il lavoratore possa far valere il proprio diritto.

Per il Tribunale, nulla impedisce che il diritto possa essere esercitato dal lavoratore anche a mezzo di diffida o atto stragiudiziale.

Per l’interruzione della decadenza nella responsabilità solidale da appalto è quindi sufficiente la comunicazione di un atto nel quale sia chiara la volontà del dipendente di richiedere l’operatività della responsabilità del committente.


Potete approfondire l’argomento, leggendo il testo della sentenza del Tribunale di Milano QUI → e quello della sentenza della Corte di Cassazione QUI →

Per la relativa consulenza nell’ambito degli argomenti trattati in questo articolo o per l’assistenza in giudizio, potete contattare l’avv. Andrea Spreafico.

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