La Corte di Cassazione ha recentemente emesso una serie di ordinanze contenenti alcune novità in tema di assegnazione della casa familiare.
L’argomento è di interesse diffuso e nel seguito abbiamo scelto di analizzare i provvedimenti di portata più rilevante.
L’assegnazione della casa familiare
Preliminarmente alla trattazione delle novità in materia, è opportuno comprendere cosa s’intenda per “assegnazione della casa familiare“.
La nozione di “casa familiare” è offerta dalla Corte Costituzionale (sent. 30 Luglio 2008, n. 308):
“La casa coniugale corrisponde a quell‘ambiente domestico, costituente un centro di affetti, interessi e consuetudini di vita che concorre allo sviluppo ed alla formazione della personalità della prole.
La casa risulta così funzionalizzata alla tutela dei figli e del loro interesse a permanere nel proprio focolare domestico secondo il riconoscimento sancito dagli articoli 29, 30 e 31 Cost.“
Il godimento della casa familiare è regolato dall’art. 337 sexies c.c..
La norma prevede che il Giudice assegni la casa famigliare ad uno dei genitori, tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli e considerando l’eventuale titolo di proprietà dell’immobile.
Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso in cui il genitore assegnatario non abiti (o cessi di abitare) stabilmente nella casa familiare; ovvero conviva more uxorio o contragga un nuovo matrimonio.
Se volete approfondire l’argomento, potete leggere l’articolo pubblicato QUI →
Assegnazione e mobilio
Con il primo dei provvedimenti in esame, la Corte di Cassazione ha chiarito la portata estensiva del provvedimento di assegnazione della casa coniugale.
Per la Corte, l’assegnazione della casa familiare si estende anche a mobili ed agli arredi.
Ciò in quanto il provvedimento di assegnazione è indissolubilmente legato alla collocazione dei figli minori o maggiorenni non autosufficienti, i quali hanno diritto di conservare l’habitat domestico nel quale sono nati o cresciuti, composto delle mura e degli arredi.
Pertanto, l’assegnazione della casa coniugale ad uno dei coniugi ricomprende, per la finalità sopraindicate, non il solo immobile, ma anche:
- i mobili
- gli arredi
- gli elettrodomestici
- i servizi.
Fanno eccezione i soli beni strettamente personali dell’altro ex coniuge, che soddisfano sue esigenze peculiari.
Il richiamo è alla previsione della lett. c) del comma I dell’art. 179 c.c.: per l’effetto, tutti i beni di proprietà dell’altro coniuge presenti all’interno dell’abitazione coniugale che non siano strettamente personali saranno soggetti agli effetti dall’assegnazione.
Assegnazione e trasferimento
La Corte di Cassazione è tornata anche a trattare il tema degli effetti del trasferimento del genitore assegnatario sull’assegnazione della casa coniugale.
Per la Corte, il trasferimento del genitore assegnatario e dei figli presso altro immobile esclude che l’immobile, originariamente adibito a casa coniugale, possa ancora rappresentare l’habitat domestico dei minori ovvero il centro dei loro affetti ed interessi.
L’art. 337-sexies comma I c.c. sancisce che il diritto al godimento della casa familiare da parte del genitore assegnatario venga meno nei seguenti casi:
- non vi abiti
- cessi di abitarvi stabilmente
- conviva more uxorio
- contragga nuovo matrimonio.
La Corte di Cassazione ha quindi affermato che la revoca dell’assegnazione possa basarsi sui principi generali sanciti dall’art. 337-sexies comma I c.c. nel caso in cui il genitore assegnatario non abbia più la propria abitazione “effettiva” nell’immobile già adibito a casa coniugale.
Revoca dell’assegnazione ed assegno divorzile
La Corte di Cassazione ha recentemente analizzato anche gli effetti che la revoca dell’assegnazione della casa coniugale può determinare sull’assegno divorzile.
Per la Corte, la revoca dell’assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario dell’assegno divorzile non giustifica l’automatico aumento di tale assegno.
Ciò in quanto il provvedimento di revoca ha come esclusivo presupposto l’accertamento del venir meno dell’interesse dei figli alla conservazione dell’habitat domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell’autosufficienza economica, o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario.
La revoca dell’assegnazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell’altro ex coniuge costituisce però sopravvenienza valutabile ai fini della revisione delle condizioni di divorzio.
Ciò in quanto il relativo godimento, ancorché funzionale al mantenimento dell’ambiente familiare in favore dei figli, riveste valore economico tanto per l’assegnatario, che ne viene privato con la revoca, quanto per l’altro ex coniuge, che se ne avvantaggia attraverso il compimento di attività suscettibili di valutazione economica, che gli erano state precluse col provvedimento di assegnazione, potendo lo stesso andarvi ad abitare o concederla in locazione o impiegarla per la produzione di reddito.
Questi elementi possono pertanto rilevare ai fini della determinazione del quantum dell’assegno divorzile; ma vanno considerati, ove ravvisata la necessità di contribuzione, avuto riguardo ad un’esigenza abitativa astrattamente considerata ed al quantum dell’assegno già complessivamente riconosciuto.
Se desiderate approfondire il tema dell’assegnazione della casa coniugale, potete leggere i testi integrali dei provvedimenti emessi dalla Corte di Cassazione:
- Cass. civ. Sez. I ord. 17 Giugno 2024 n. 16691 QUI →
- Cass. civ. Sez. I ord. 10 Giugno 2024 n. 16050 QUI →
- Cass. civ. Sez. I ord. 13 Giugno 2024 n. 16462 QUI →
Per la relativa consulenza nell’ambito degli argomenti trattati in questo articolo o per l’assistenza in giudizio, potete contattare l’avv. Andrea Spreafico e l’avv. Riccardo Spreafico.