Riassunto
La Corte di Cassazione ha elencato le condizioni che devono ricorrere per affermarsi la responsabilità del blogger quale prestatore dei servizi che non abbia provveduto alla immediata rimozione dei contenuti illeciti oppure abbia continuato a pubblicarli.
La Corte di Cassazione è recentemente tornata ad occuparsi della responsabilità dei blogger e degli oneri derivanti dalla gestione di una “bacheca virtuale“.
In considerazione del fatto che anche la propria pagina di Facebook e gli altri strumenti offerti dai più diffusi social possano essere equiparati ad un “blog”, l’argomento è certamente di interesse diffuso e lo abbiamo quindi approfondito in questo articolo.
Chi è un blogger?
Il blogger è la persona che mantiene e aggiorna un blog; ossia una “bacheca virtuale“, sulla quale pubblica testi, foto e video.
I bloggers riportano sulle loro bacheche contenuti personali ed informativi; discutono temi specifici e di attualità; oppure espongono la propria attività commerciale o imprenditoriale.
Nel tempo sono nate centinaia di piattaforme online sulle quali creare i propri blog. Ed il fenomeno si è diffuso anche grazie all’assenza dell’obbligo di ottenere autorizzazione preventive.
Anche i più famosi social media, come Facebook, X ed Instagram contengono delle funzioni che consentono di fare blogging.
L’ambito regolamentato
Il D.Lgs. 9 Aprile 2003 n. 70 ha regolamentato i servizi della società dell’informazione ed il commercio elettronico offerti dai prestatori.
L’ambito regolamentato riguarda le disposizioni che il prestatore deve soddisfare per quanto concerne:
- l’accesso all’attività di servizi della società dell’informazione, quali le disposizioni riguardanti le qualifiche e i regimi di autorizzazione o di notifica
- l’esercizio dell’attività di un servizio della società dell’informazione, quali, ad esempio, le disposizioni riguardanti il comportamento del prestatore, la qualità o i contenuti del servizio, comprese le disposizioni applicabili alla pubblicità e ai contratti, ovvero alla responsabilità del prestatore.
La libera circolazione di un determinato servizio della società dell’informazione può essere limitata, con provvedimento dell’autorità giudiziaria o degli organi amministrativi di vigilanza o delle autorità indipendenti di settore, per motivi di:
a) ordine pubblico, per l’opera di prevenzione, investigazione, individuazione e perseguimento di reati, in particolare la tutela dei minori e la lotta contro l’incitamento all’odio razziale, sessuale, religioso o etnico, nonché contro la violazione della dignità umana;
b) tutela della salute pubblica;
c) pubblica sicurezza, compresa la salvaguardia della sicurezza e della difesa nazionale;
d) tutela dei consumatori, ivi compresi gli investitori.
Responsabilità del blogger per diffamazione
In tema di diffamazione, la giurisprudenza di legittimità afferma che il “blogger” risponda del delitto nella forma aggravata, ai sensi dell’art. 595 comma III c.p., sotto il profilo dell’offesa arrecata “con qualsiasi altro mezzo di pubblicità“, per gli scritti di carattere denigratorio pubblicati sul proprio sito da terzi.
La responsabilità del blogger deriva dal fatto di essere venuto a conoscenza degli scritti e di non aver provveduto tempestivamente alla loro rimozione.
Tale condotta equivale alla consapevole condivisione del contenuto lesivo dell’altrui reputazione e consente l’ulteriore diffusione dei commenti diffamatori.
Potete approfondire il tema della diffamazione online leggendo l’articolo pubblicato QUI →
La vicenda storica
La vicenda storica ha ad oggetto una causa per risarcimento danni da diffamazione a mezzo internet.
L’attore ha agito in giudizio nei confronti del gestore di un blog per ottenere il risarcimento dei danni che assume avere subito in conseguenza di commenti ingiuriosi pubblicati da alcuni utenti e non tempestivamente rimossi.
Il Tribunale adito ha rigettato la domanda; mentre la Corte d’Appello ha dichiarato cessata la materia del contendere in seguito alla cancellazione dei commenti ingiuriosi dal blog.
L’attore ha quindi promosso ricorso per cassazione.
Le “regole” indicate dalla Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha indicato quali siano i principi che regolano la materia.
Per la Corte, il soggetto prestatore di servizi (c.d. hosting provider), che ospita commenti di terzi nell’ambito dello spazio che gestisce e dove memorizza informazioni, non è tenuto a selezionarli e a controllarne il contenuto.
Quindi, di regola non risponde della loro pubblicazione nel caso di contenuti illeciti.
Laddove però l’attività svolta dall’hosting provider, per spontanea iniziativa di quest’ultimo in ordine all’assetto attribuito alla natura ed all’organizzazione del servizio prestato, assuma un ruolo attivo nella selezione e nella memorizzazione delle informazioni diffuse, allora egli si assumerà anche la responsabilità del relativo contenuto.
L’hosting provider attivo è il prestatore dei servizi della società dell’informazione il quale svolge un’attività che esula da un servizio di ordine meramente tecnico, automatico e passivo, e pone in essere una condotta attiva.
In ragione di tale attività, concorre con altri nella commissione dell’illecito e resta sottratto al regime generale di esenzione previsto dalle norme di settore.
La sua responsabilità civile dovrà essere gestita secondo le regole comuni; e non potrà godere delle limitazioni previste per gli hosting provider passivi.
Quali sono le condizioni che devono ricorrere per affermarsi la responsabilità del blogger?
La Corte di Cassazione ha elencato le condizioni che devono ricorrere per affermarsi la responsabilità del blogger quale prestatore dei servizi che non abbia provveduto alla immediata rimozione dei contenuti illeciti oppure abbia continuato a pubblicarli:
- sia a conoscenza legale dell’illecito perpetrato dal destinatario del servizio, per averne avuto notizia dal titolare del diritto leso oppure “aliunde”;
- sia ragionevolmente constatabile l’illiceità dell’altrui condotta, onde lo “hosting provider” sia in colpa grave per non averla positivamente riscontrata, alla stregua del grado di diligenza che è ragionevole attendersi da un operatore professionale della rete in un determinato momento storico;
- abbia la possibilità di attivarsi utilmente, in quanto reso edotto in modo sufficientemente specifico dei contenuti illecitamente immessi da rimuovere”.
Potete leggere il testo integrale dell’ordinanza della Corte di Cassazione QUI →
Per la relativa consulenza od assistenza nell’ambito degli argomenti trattati in questo articolo, potete contattare l’avv. Andrea Spreafico.
Le informazioni contenute in questo articolo sono soggette a termini e condizioni, consultabili QUI →
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