Affidamento paritetico e mantenimento diretto: la giurisprudenza di merito si confronta con i nuovi assetti famigliari.
Il fatto
La vicenda giudiziaria ha preso spunto dal contrasto insorto in una coppia di genitori non coniugati in ordine alle modalità di collocamento e di mantenimento dei due figli.
L’affidamento paritetico (o paritario)
Per poter comprendere le valutazioni svolte dal Giudice e la soluzione adottata, è opportuno ricordare che l’affidamento paritetico (o paritario) dei figli minori consista nella suddivisione paritetica dei tempi di permanenza presso ciascun genitore.
La soluzione non è ovviamente sempre adottabile.
E la sua fattibilità deve essere valutata in ciascun caso concreto, tenendo in considerazione le seguenti circostanze:
- l’età del minore
- le sue esigenze di cura, di studio, etc.
- gli impegni lavorativi di ciascuno dei genitori
- la disponibilità per entrambi di un’abitazione (dignitosa) per la crescita dei figli.
La decisione del Tribunale di Perugia
La sentenza qui in commento del Tribunale Ordinario di Perugia segue l’orientamento introdotto nella giurisprudenza di merito dal Tribunale di Catanzaro (decreto 28 Febbraio 2019 n. 443).
Entrambe i provvedimenti richiamano i principi del cd. Decreto Pillon (il disegno di legge con cui sono state proposte modifiche in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità).
In particolare, nella parte in cui il disegno di legge prevede il diritto del figlio minore (“nel proprio esclusivo interesse morale e materiale“) al mantenimento dei rapporti parentali “con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità rispetto a ciascun genitore, nonché di trascorrere con ciascuno di essi tempi paritetici o equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale“.
Ciò che è interessante osservare è l’argomentazione secondo la quale, qualora sia possibile e d’interesse per la tutela del diritto del minore la sua collocazione paritetica presso il padre e presso la madre, può ritenersi giustificata la previsione del mantenimento “in forma diretta” da parte di ciascun genitore.
Con conseguente cessazione dell’onere di versare un contributo in favore dell’altro genitore per concorrere al mantenimento (c.d. “spese ordinarie“) del figlio.
In tale ottica interpretativa, il principio di proporzionalità previsto dall’art. 337 ter c.c. può pertanto essere realizzato attraverso il “mantenimento diretto” per le esigenze ordinarie del minore (vitto, abbigliamento, spese di cura ed accudimento quotidiano, socialità).
Mentre le c.d. spese straordinarie saranno oggetto di ripartizione tra entrambi i genitori in quote uguali.
La Corte di cassazione
Ha osservato la Corte di cassazione che tal genere di regolamentazione dei rapporti debba essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito.
Occorre tutelare l’esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena.
Si deve tener anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all’esplicazione del loro ruolo educativo.
Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il regime legale dell’affidamento condiviso – orientato alla tutela dell’interesse morale e materiale della prole – deve tendenzialmente comportare, in mancanza di gravi ragioni ostative, una frequentazione dei genitori paritaria con il figlio.
Tuttavia, nell’interesse di quest’ultimo, il giudice può individuare un assetto che si discosti da questo principio tendenziale, al fine di assicurare al minore la situazione più confacente al suo benessere.
Potete leggere il provvedimento del Tribunale Ordinario di Catanzaro QUI →