La legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale

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La legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale: è un tema di interesse attuale e diffuso.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza, semplificando per la trattazione gli aspetti che assumono rilievo in materia.

Le norme della Costituzione

Il tema dell’obbligo vaccinale presenta profili di particolare complessità.
Sono infatti interessati fondamentali valori e diritti costituzionali. Tra di essi certamente possiamo elencare:

I trattamento sanitari obbligatori

Altro punto nodale della questione è quello inerente i trattamenti sanitari obbligatori.

Questi possono essere imposti solo nella previsione che non incidano negativamente in maniera rilevante sullo stato di salute di colui che ad esso è assoggettato.

Occorre pertanto che venga preventivamente effettuato un bilanciamento tra la minimizzazione dei rischi e la massimizzazione dei vantaggi.
Ciò, in genere, viene fatto mediante l’individuazione di una soglia di pericolo accettabile, che viene scelta sulla base di una completa e accreditata letteratura medico scientifica.

Il Covid-19

Nel caso della pandemia da covid-19, allo stato mancano esaustivi studi riguardanti le reazioni avverse e le complicanze derivanti dalla somministrazione del vaccino.
Malgrado lo sforzo compiuto dalla comunità scientifica, il ridotto lasso temporale intercorso dall’inizio della sua somministrazione non ha permesso, ancora, di acquisire tutti i dati necessari a completare gli studi.

Pertanto, in Italia – a differenza degli Stati Uniti d’America – i vaccini anti covid-19 sono attualmente in fase 3 e fase 4 di sperimentazione.

In ambito vaccinale, i trial clinici richiedono molti test su migliaia di persone. Normalmente, iniziano dopo circa 2-5 anni dalle iniziali ricerche sulla risposta immunitaria; cui seguono altri due anni di prove precliniche che coinvolgono la sperimentazione animale.

Nel caso dei vaccini anti covid-19 le prime 3 fasi della sperimentazione sono state particolarmente “accelerate”; e, conseguentemente, non sono ancora disponibili una serie di dati necessari a stabile la sicurezza del vaccino.
Per contro, il rapporto tra l’elevatissimo numero di inoculazioni in un periodo ristretto ed il bassissimo numero delle reazioni avverse consente di anticipare il “giudizio” sulla validità di questi farmaci.

Quantomeno nel breve periodo.

Salute individuale e salute collettiva

I valori in campo non sono solo quelli connessi alla salute dei singoli individui.
Bensì anche – e soprattutto – quelli della salute della collettività.

L’art. 32 della Costituzione specifica invero che la salute non sia da intendersi esclusivamente come diritto del singolo individuo, ma anche un interesse dell’intera collettività.

La giurisprudenza costituzionale in materia

Occorre far riferimento alle sentenze della Corte Costituzionale per comprendere quale possa essere il bilanciamento tra diritto alla salute del singolo e diritto alla salute della collettività.

La Corte Costituzionale (sentenza n. 307/1990) ha precisato che “la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 della Costituzione se il trattamento sia diretto a migliorare o a preservare lo Stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale”.

Con la sentenza n. 218/1994 la Corte ha poi stabilito che la tutela della salute implica anche il “dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli altri”.

Infine, con la sentenza n. 268/2017 ha affermato che gli obblighi di vaccinazioni obbligatorie possono essere considerati necessari in una società democratica.

I danni alla salute derivanti dalle vaccinazioni obbligatorie

Il problema si pone quando a seguito della vaccinazione obbligatoria derivi un danno alla salute patito da colui che vi si è sottoposto.

Al riguardo, l’art. 1 della L. n. 210/1992 stabilisce che “chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge, o per ordinanza, di un’autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato”.

Come affermato dalla sopra richiamata sentenza n. 307 del 1990 della Corte Costituzionale ”un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiono normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili, quali ad esempio astenia, aumento della temperatura corporea, dolori alla parte del corpo oggetto di inoculazione del vaccino.

Pertanto, va rilevato che il legislatore abbia previsto, a prescindere da valutazioni negative sul grado di affidabilità scientifica delle vaccinazioni, un indennizzo da parte dello Stato in favore del soggetto che, a seguito di vaccinazione, abbia riportato delle lesioni o infermità permanenti.

Restano pertanto esclusi dal diritto all’indennizzo le conseguenze sopra indicate e le lesioni o le infermità temporanee.

I danni alla salute derivanti dalle vaccinazioni non obbligatorie

L’attuale assetto normativo sembrerebbe riconoscere il diritto all’indennizzo esclusivamente nell’ipotesi di vaccinazione obbligatoria.
Ma la giurisprudenza ha chiarito che l’indennizzo deve essere riconosciuto anche per le vaccinazioni non abbligatorie.

La Corte Costituzionale (sentenza n. 27/1998) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della L. n. 210/1992, precisando che “non è costituzionalmente lecito alla stregua degli art. 2 e 32 della Costituzione, richiedere che il singolo esponga a rischio la propria salute per un interesse collettivo, senza che la collettività stessa sia disposta a condividere, come è possibile, il peso delle eventuali conseguenze negative. Non vi è ragione di differenziare, dal punto di vista del suddetto principio, il caso in cui il trattamento sanitario sia imposto per legge da quello in cui esso sia, in base ad una legge, promosso dalla pubblica autorità in vista della sua diffusione capillare nella società”.

Anche le sentenze n. 307/1990 e n. 423/2000 della Corte Costituzionale hanno affermato il medesimo principio.

I risarcimento dei danni in Europa

Chiarito il quadro normativo e giurisprudenziale italiano, è utile ampliare la disamina all’Europa.

L’art. 4 della Direttiva 85/374/CEE, in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, prevede per quanto qui interessa, che “il danneggiato deve provare il danno, il difetto, e la connessione causale tra difetto e danno”.

Pertanto, a livello normativo europeo deve ritenersi che i cittadini possano ottenere il risarcimento dei danni patiti a seguito delle lesioni subite esclusivamente in presenza di un vaccino difettoso.
E’ evidente che non sia affatto semplice fornire la prova del nesso causale tra vaccinazione “difettosa” e danno alla salute.
Soprattutto nel caso in cui tale prova debba essere fornita da un singolo cittadino.

La giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea

Occorre rilevare però che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea Sezione II (con la sentenza C-621/15) abbia stabilito che “il giudice di merito, chiamato a pronunciarsi su un azione diretta ad accertare la responsabilità del produttore di un vaccino per danno derivante da un asserito difetto di quest’ultimo, può ritenere, nell’esercizio del libero apprezzamento conferitogli al riguardo, che, nonostante la costatazione che la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia da cui è affetto il danneggiato, taluni elementi in fatto invocati dal ricorrente costituiscano indizi gravi, precisi e concordanti, i quali consentono di ravvisare la sussistenza di un difetto del vaccino e di un nesso di causalità tra detto difetto e tale malattia”.

Pertanto, la giurisprudenza europea si è orientata nel ritenere che l’accertamento del nesso causale possa essere rimesso al libero arbitrio del Giudice.
Rendendo in tal modo più semplice per i singoli cittadini far valere i propri diritti nei confronti dei Paesi membri e delle case farmaceutiche.


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