La ragionevole previsione di condanna

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In tema di valutazione degli elementi fondanti l’esercizio dell’azione penale, sia nell’ambito dell’udienza preliminare che dell’udienza di archiviazione, la Riforma “Cartabia” ha introdotto il nuovo criterio della ragionevole previsione di condanna.

Di cosa si tratta? Ve lo spieghiamo nel seguito.

Il sistema previgente

In epoca antecedente alla riforma, la formulazione dell’art. 425 c.p.p. assegnava al Giudice dell’udienza preliminare il ruolo di pronunciarsi sul non luogo a procedere nei confronti dell’imputato qualora risultasse “evidente che il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato (…)”.

Il Pubblico Ministero pertanto doveva valutare gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non nell’ottica di poter ottenere una condanna, ma semplicemente per giustificare il rinvio a giudizio dell’imputato.

La previsione dell’art. 425 c.p.p. per il rinvio a giudizio si differenziava da quanto previsto dall’art. 408 c.p.p. in tema di archiviazione, la cui richiesta da parte del Pubblico Ministero invece prevedeva “l’infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio”.

Nell’ambito del subprocedimento di archiviazione, l’art. 125 disp. att. c.p.p. precisava il disposto dell’art. 408 c.p.p. chiarendo che l’infondatezza della notizia di reato ricorresse allorché gli elementi acquisiti nel corso delle indagini “non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio”.

Il potere di compiere qualsiasi valutazione in merito alle prove in forza delle quali affermarsi la responsabilità penale era quindi sostanzialmente devoluto ai Giudici per le indagini preliminari; con un limite significativo: non potevano anticipare il giudizio in merito alla responsabilità penale, ma solo eventualmente escluderla.

Il sistema introdotto dalla Riforma “Cartabia” nella fase delle indagini preliminari

Come accennato nell’articolo di presentazione della Riforma (QUI →), le scelte di fondo che hanno caratterizzato le novità introdotte nel codice di procedura penale mirano ad un sostanziale snellimento del carico di procedimenti ed all’accelerazione della loro trattazione.

Il D.Lgs. n. 150/2022 ha riformulato gli artt. 425 comma III e 408 comma I c.p.p. ed adottato una nuova regola di giudizio per il rinvio a giudizio e per l’archiviazione.

Ora, il Giudice dell’udienza preliminare deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere “quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”.

In modo analogo, la richiesta di archiviazione deve essere formulata dal Pubblico Ministero sulla base della ragionevole previsione che gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentano di approdare alla condanna dell’indagato nella successiva fase processuale.

Pertanto, il Pubblico Ministero deve chiedere l’archiviazione non più “quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio”.
Bensì, quando tali elementi “non consentono una ragionevole previsione di condanna”.

Il sistema introdotto dalla Riforma “Cartabia” nella fase processuale

L’ampliamento dei poteri di controllo sull’esercizio dell’azione penale, per le ipotesi di citazione diretta a giudizio, è stato esteso anche alla fase pre-processuale dell’udienza predibattimentale prevista per le ipotesi di citazione diretta a giudizio, con l’introduzione dell’art. 554 ter c.p.

Il testo dell’articolo espressamente prevede che “Il Giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna“.

Al Giudice monocratico dell’udienza predibattimentale è stato pertanto conferito un potere di vaglio dell’azione penale del tutto analogo a quello attribuito al Giudice per le indagini preliminari.

Gli effetti della novella

Il giudizio (prognostico) reso dai principali commentatori e dalla dottrina in merito agli effetti della riforma non è stato univoco.

Parte dei commentatori è convinta che, con l’attribuzione del potere di effettuare una prognosi sulla ragionevole previsione di condanna, il Pubblico Ministero possa decidere sull’esito di un processo ancora da celebrarsi.

Quindi, l’effetto (non solo) deflattivo introdotto dalla novella sarebbe duplice:

  • diretto, in fase di archiviazione
  • indiretto, nella fase di valutazione dell’esercizio dell’azione penale.

Altra parte dei commenti hanno invece affermato che il concreto raggiungimento dell’effetto deflattivo perseguito dalla riforma sarebbe incerto.
Ciò in quanto il carattere prognostico della valutazione richiesta al Pubblico Ministero sarebbe del tutto simile alla valutazione già prevista dall’abrogato art. 125 disp. att. c.p.p.

Resta invece una “incognita” la valutazione attribuita al Giudice dall’art. 554 ter c.p.

Occorrerà almeno un anno per comprendere, in concreto, quali siano i reali effetti della riforma in tema di archiviazione ed esercizio dell’azione penale.


Per ulteriori approfondimenti o richiedere l’assistenza professionale di cui necessitate, potete contattare l’avv. Andrea Spreafico.

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