E’ incostituzionale la sospensione delle esecuzioni sulle prime case.
È, in particolare, illegittima la seconda proroga (dall’1 Gennaio al 30 Giugno 2021 – ne avevamo parlato QUI →) della sospensione di ogni attività nelle esecuzioni aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore.
Così s’è espressa la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 18/2021 depositata il 22 Giugno scorso.
Il diritto all’abitazione è diritto inviolabile
La Corte ha innanzitutto sottolineato che il diritto all’abitazione ha natura di “diritto sociale” e “rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione“.
Esso, benché non espressamente menzionato, deve ritenersi incluso nel catalogo dei diritti inviolabili.
Il diritto ad agire in giudizio
La Corte ha ribadito che la garanzia – riconosciuta dall’art. 24 comma I della Costituzione – di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti comprende anche l’esecuzione forzata, che è diretta a rendere effettiva l’attuazione del provvedimento del giudice.
La sospensione delle procedure esecutive deve costituire, pertanto, un evento eccezionale.
La ricerca della proporzione tra la tutela del soggetto debole e l’iniziativa economica privata
La Corte, come detto, ha ritenuto incostituzionale la sospensione delle esecuzioni sulle prime case.
Ciò in quanto ha giudicato non più proporzionato il bilanciamento tra la tutela giurisdizionale del creditore e quella del debitore nelle procedure esecutive relative all’abitazione principale di quest’ultimo.
E’ stato determinante il fatto che i giudizi civili (anche quelli di esecuzione), dopo l’iniziale sospensione, siano ripresi gradualmente con modalità compatibili con la pandemia.
Il sacrificio richiesto ai creditori avrebbe dovuto essere dimensionato rispetto alle reali esigenze di protezione dei debitori, con l’indicazione di adeguati criteri selettivi.
Nella seconda proroga della sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale, invece, non è stato individuato alcun criterio selettivo volto a giustificare l’ulteriore protrarsi della paralisi dell’azione esecutiva.
Hanno così trovato conferma i molti dubbi sollevati dai più eminenti costituzionalisti in merito alla legittimità dei provvedimenti che bloccano le esecuzioni (e gli sfratti).
Saranno ora i Presidenti dei singoli Tribunali a dover concertare con gli Ufficiali Giudiziari la ripresa di tali esecuzioni.
Per approfondire, potete leggere il testo della sentenza →
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