La Cassazione ha emesso un’interessante sentenza riguardante il presupposto del “vantaggio” nella responsabilità penale dell’ente.
Gli orientamenti della Corte
In tema di responsabilità da reato degli enti derivante da reati colposi di evento, costituiscono principi pacifici nella giurisprudenza della Corte quelli secondo cui:
- i concetti di interesse e vantaggio, vanno di necessità riferiti alla condotta e non all’evento
- tali criteri di imputazione oggettiva sono alternativi e concorrenti tra loro
- il criterio dell’interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo
- il criterio del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito
- ricorre il requisito dell’interesse qualora l’autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un’utilità per l’ente
- sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto o della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso
I criteri di imputazione
La Cassazione ha avuto anche occasione di approfondire la diversità dei due criteri di imputazione obiettiva del reato all’ente costituiti dall’interesse e dal vantaggio, chiarendo che:
- l’interesse è un criterio soggettivo, il quale rappresenta l’intento del reo di arrecare un beneficio all’ente mediante la commissione del reato
- l’interesse è indagabile solamente ex ante ed è del tutto irrilevante che si sia o meno realizzato il profitto sperato
- nei reati colposi si dovrà guardare solamente al vantaggio ottenuto tramite la condotta
- la condotta, nei reati colposi d’evento contro la vita e l’incolumità personale commessi sul lavoro, è rappresentata dalla violazione delle regole cautelari antinfortunistiche, ed è dunque in riferimento ad essa che bisognerà indagare se, ex post, l’ente abbia ottenuto un vantaggio di carattere economico di importo non irrisorio.
Il principio di diritto enunciato dalla Cassazione
A fronte delle premesse giuridiche richiamate, la Corte di Cassazione penale ha affermato il seguente principio di diritto:
“Ai fini dell’imputazione della responsabilità all’Ente ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. n. 231/2001, il requisito dell’interesse non ricorra quando la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche risulti essere l’esito di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie. E non sia invece attribuibile ad una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi di impresa.
Il presupposto del “vantaggio” nella responsabilità penale dell’ente richieda invece la sistematica violazione delle norme prevenzionistiche; e, dunque, una politica di impresa disattenta alla materia della sicurezza sul lavoro, che consenta una riduzione dei costi e un contenimento della spesa, con conseguente massimizzazione del profitto“.
Il testo integrale della sentenza è consultabile QUI → e se necessitate di un parere o di assistenza potete contattare l’avv. Andrea Spreafico.