Il caso Almasri

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Clamore mediatico e scontro tra poteri dello Stato sono gli elementi che hanno caratterizzato il caso Almasri (pseudonimo di Osama Elmasry Njeem).

Come spesso capita quando una vicenda giudiziaria diviene terreno di scontro politico e di interesse mediatico, è difficile comprendere quale sia la “verità” tra le tante che vengono proposte.

Abbiamo quindi ritenuto utile approfondire gli aspetti normativi e giurisprudenziali del caso Almasri, così da permetterne una corretta comprensione.

La Corte Penale Internazionale

Occorre innanzitutto inquadrare l’ambito normativo – poco conosciuto – nel quale s’è inserita la vicenda.

La Corte Penale Internazionale è un tribunale sovranazionale che trae origine dal Tribunale di Norimberga, e che si occupa di crimini internazionali commessi da persone (fisiche).

La Corte è stata istituita con lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, è stato approvato nella notte del 17 Luglio 1998 ed è stato nel tempo sottoscritto da 124 Paesi; i cosiddetti Stati Parte. Ha iniziato ad operare nel corso del 2002.

Va segnalato che gli Stati Uniti d’America e la Russia, pur avendo sottoscritto lo Statuto, ne hanno poi sospeso l’esecutività.
Mentre la Cina, la Turchia, la Libia, l’Arabia Saudita e molti altri Stati dell’est asiatico non lo hanno mai sottoscritto.

Una situazione particolare riguarda l’Ucraina, che pur avendo sottoscritto lo Statuto nel 2000, sino al 2024 non aveva promulgato le necessarie disposizioni interne per la sua applicazione.

La Corte penale internazionale si occupa dei reati più gravi, quali:

  • genocidio
  • crimini contro l’umanità
  • crimini di guerra (cosiddetti crimina iuris gentium)
  • crimine di aggressione.

I crimini di aggressione sono quelli di più recente introduzione.
Sono commessi da un individuo e vengono definiti come “pianificazione, preparazione, scatenamento o esecuzione, da parte di una persona che sia nella posizione di esercitare un controllo effettivo o di dirigere l’azione politica e militare dello Stato, di un atto di aggressione che, per carattere, gravità e portata, costituisca una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite“.

I crimini contro l’umanità

Per quanto di interesse nella trattazione del caso Almasri, particolare attenzione va rivolta ai “crimini contro l’umanità“.

Con tale definizione – secondo la giurisprudenza – si intendono i crimini che riguardano violenze ed abusi contro popoli o parte di popoli; o che comunque siano percepiti, per la loro capacità di suscitare generale riprovazione, come perpetrati in danno dell’intera umanità.

E’ evidente che la definizione di crimini contro l’umanità sia inevitabilmente soggetta al filtro dell’interpretazione politica nonchè delle componenti culturali ed etiche di chi giudica.

Questo è sempre stato il “limite” della fattispecie adottata dalla Corte che ha acceso le discussioni dei giuristi e che ne ha reso difficile l’applicazione nei (pochi) processi celebrati in questi anni.

Va inoltre osservato che la Corte abbia una competenza complementare a quella dei singoli Stati.

Per tale motivo, può intervenire se e solo se gli Stati non possono (o non vogliono) agire per punire determinati crimini internazionali.

Differenze tra Corte penale internazionale e Corte internazionale di giustizia

La Corte penale internazionale non è un organo dell’ONU e, benchè abbia entrambe sede all’AIA, non va confusa con la Corte internazionale di giustizia – o Tribunale internazionale dell’Aia – che è organo di giudizio delle Nazioni Unite, fondato nel 1945 e titolato a:

  • dirimere le controversie fra Stati membri delle Nazioni Unite che hanno accettato la sua giurisdizione
  • offrire pareri consultivi su questioni legali avanzate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite o dagli Istituti specializzati delle Nazioni Unite.
L’adozione dello Statuto della Corte penale internazionale da parte dell’Italia

L’Italia ha ratificato lo Statuto con la Legge n. 232/1999.

Ma solo nel mese di Dicembre del 2012 ha approvato la Legge n. 237/2012 che ha garantito l’adeguamento del nostro ordinamento ai principi contenuti nello Statuto.

Sino ad allora, l’assenza di una normativa aveva reso di fatto problematica la cooperazione del nostro Paese con la Corte penale internazionale.

Per un approfondimento, potete leggere quanto pubblicato sul sito della Camera dei deputati QUI →

Il mandato di arresto internazionale

Il mandato di arresto internazionale – che non va confuso con il mandato di arresto europeo (MAE) – è previsto dall’art. 58 della Legge n. 232/1999 che ha recepito nel nostro ordinamento lo Statuto della Corte penale internazionale.

E’ la Camera preliminare della Corte penale internazionale che, su richiesta del Procuratore, emette un mandato d’arresto contro una persona.

Il mandato può essere emesso se:

a) vi sono fondati motivi di ritenere che tale persona ha commesso un reato di competenza della Corte;
b) l’arresto di tale persona sembra necessario per garantire:
– la comparizione della persona al processo;
– che la persona non ostacoli o metta a repentaglio le indagini o il procedimento dinanzi alla Corte
– se deve essere impedito alla persona continuare in quel crimine o in un crimine connesso che ricade sotto la giurisdizione della Corte o che avviene nelle stesse circostanze.

La cooperazione giudiziaria

L’art. 4 della Legge 20 Dicembre 2012 n. 237 prevede espressamente i meccanismi di funzionamento, nei termini che seguono:

“Il Ministro della giustizia dà corso alle richieste formulate dalla Corte penale internazionale, trasmettendole al Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma perché vi dia esecuzione“.

Pertanto, l’esecuzione delle richieste formulate dalla Corte è affidata dal Procuratore Generale.

La consegna alla Corte penale internazionale di persone che si trovino sul territorio italiano

Uno degli aspetti centrali del caso Almasri va individuato nell’esame – corretto – delle norme che regolano la consegna alla Corte penale internazionale di persone che si trovino sul territorio italiano.

Deve, in materia, farsi riferimento agli artt. 11-14 della Legge 20 Dicembre 2012 n. 237.

L’art. 11 – Applicazione della misura cautelare ai fini della consegna prevede espressamente che:

Quando la richiesta della Corte penale internazionale ha per oggetto la consegna di una persona nei confronti della quale è stato emesso un mandato di arresto (…) il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma, ricevuti gli atti, chiede alla medesima Corte d’Appello l’applicazione della misura della custodia cautelare nei confronti della persona della quale è richiesta la consegna.”

L’art. 13 – Procedura per la consegna prevede espressamente che:

Il Ministro della giustizia provvede con decreto sulla richiesta di consegna entro venti giorni dalla ricezione del verbale che dà atto del consenso della persona la cui consegna è richiesta, ovvero dalla notizia della scadenza del termine per l’impugnazione o dal deposito della sentenza della Corte di cassazione, e prende accordi con la Corte penale internazionale circa il tempo, il luogo e le modalità della consegna.”. 

Le fasi del procedimento di consegna

In applicazione delle norme sin qui richiamate, il procedimento di consegna può essere suddiviso nelle seguenti fasi:

  • la richiesta della Corte penale internazionale al Ministero di giustizia di consegna di una persona che si trova nel territorio dello Stato italiano
  • la trasmissione della richiesta al Procuratore Generale della Corte d’Appello di Roma
  • la richiesta del Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Roma di applicazione di una misura cautelare nei confronti della persona colpita dal mandato di arresto
  • la richiesta del Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Roma di consegna della persona alla Corte penale internazionale
  • il provvedimento della Corte d’Appello di Roma sulla misura cautelare e sulla domanda di consegna
  • gli accordi tra il Ministero della giustizia e la Corte penale internazionale nel caso in cui la Corte d’Appello di Roma ordini la consegna della persona colpita dal mandato di arresto.
L’ordinanza della Corte d’Appello di Roma

Chiarito l’ambito normativo di riferimento e le fasi che connaturano nel nostro ordinamento l’esecuzione del mandato di arresto della Corte penale internazionale, è facile comprendere le ragioni per le quali la Corte d’Appello di Roma abbia disposta la scarcerazione di Almasri.

Per la Corte, il procedimento di consegna su mandato della Corte penale internazionale deve irrinunciabilmente passare da:

  • ricezione degli atti da parte del Ministro della Giustizia, “al quale compete di ricevere le richieste provenienti dalla Corte e di darvi seguito” (art. 2 comma 1)
  • trasmissione degli atti dal Ministro della Giustizia alla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Roma (“il procuratore generale presso la corte d’appello di Roma, ricevuti gli atti, …omissis – art. 11 comma 1)
  • richiesta del Procuratore Generale alla Corte d’Appello, per l’applicazione della misura cautelare (“omissis ricevuti gli atti, chiede alla medesima corte d’appello l’applicazione de/la misura della custodia cautelare” – art. 11 comma 1).
Le fasi dell’arresto di Almasri e del giudizio

La Corte ha osservato che, contrariamente a quanto previsto dalle norme sopra richiamate, nella procedura di consegna di Almasri:

  • questi sia stato tratto in arresto a Torino su iniziativa della polizia giudiziaria
  • non ricorressero le condizioni per la convalida dell’arresto
  • non potesse esservi (nè comunque fosse stata) richiesta l’applicazione di misura cautelare.

Tali circostanze hanno precluso la possibilità di ritenere applicabile nella fattispecie il disposto di cui
all’art. 716 c.p.p.; che costituisce un sostanziale diverso intervento non inserito dal legislatore nella
procedura in questione.

Di tal che, a Corte ha disposto la immediata scarcerazione di Almasri.

La Corte ha affermato che il potere di arresto della polizia giudiziaria, in assenza di un provvedimento della Corte stessa – sulla richiesta di applicazione della misura cautelare presentata dal Procuratore Generale – debba ritenersi escluso, in quanto non espressamente previsto dalla normativa speciale.

La Corte di Appello di Roma ha dato anche atto di aver sollecitato il Procuratore Generale a chiarire “se vi
sia, comunque, richiesta di applicazione di misura cautelare nei confronti dell’ interessato, ai sensi
dell’art. 11 L. n. 237 del 2017
“.

Dall’ordinanza, risulta che il Procuratore generale non abbia formulato richiesta di applicazione di misura cautelare ed abbia chiesto che la Corte d’Appello “dichiari la irritualità dell’arresto in quanto non preceduto dalle interlocuzioni con il Ministro della Giustizia, titolare dei rapporti con la Corte Penale internazionale”.

La spiegazione del caso Almasri

Analizzato il quadro normativo di riferimento, il fatto storico e l’ordinanza della Corte d’Appello di Roma, non possono esservi dubbi circa le ragioni per le quali il generale Almasri sia stato scarcerato.

A fronte di un arresto operato al di fuori delle norme previste dalla Legge che regola il procedimento di consegna su mandato della Corte penale internazionale (Legge 20 Dicembre 2012 n. 237) e, comunque, in mancanza della richiesta di applicazione della cautelare personale da parte del Procuratore Generale, la Corte di appello si è quindi trovata nell’impossibilità giuridica di adottare un provvedimento che consentisse di mantenere la privazione della libertà nei confronti di Almasri.

Senza che su tale decisione abbia potuto incidere in modo alcuno l’operato del Ministro della Giustizia.

Ecco spiegate le ragioni per cui Almasri è stato liberato.


Potete approfondire l’argomento leggendo il testo integrale dell’ordinanza emessa dalla Corte d’Appello di Roma QUI →

(tona alla pagina delle notizie)

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