Separazione e tenore di vita durante la convivenza matrimoniale

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In tema di separazione, il tenore di vita durante la convivenza matrimoniale è sempre al centro dell’attenzione della giurisprudenza di merito e di legittimità.

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi cardine sui quali ruota la materia, anche in epoca successiva all’entrata in vigore della Riforma Cartabia.

In questo articolo abbiamo quindi approfondito tali aspetti, anche in ragione del fatto che la vicenda dalla quale ha preso spunto il procedimento civile s’è verificata nel nostro territorio.

Il diritto al mantenimento del coniuge (art. 156 c.c.)

Per comprendere il tema in trattazione, è necessario comprendere cosa debba intendersi per “mantenimento“, del coniuge e dei figli.

Per quanto attiene il mantenimento del coniuge, occorre far riferimento all’art. 156 c.c.Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi; norma che così stabilisce:

Il Giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri

L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato”.

In considerazione del tenore letterale della norma, possono elencarsi i requisiti che devono sussistere perchè sorga in favore di un coniuge il diritto al mantenimento:

  • non aver causato la separazione
  • non avere adeguati redditi propri.

In costanza di queste due circostanze, il Giudice deve provvedere a liquidare il mantenimento al coniuge c.d. debole.

Il diritto al mantenimento dei figli non indipendenti economicamente (art. 337 ter c.c.)

Oltre al coniuge, il diritto al mantenimento può sorgere anche in favore dei figli minorenni e di quelli maggiorenni se non ancora divenuti economicamente indipendenti.

Per legge, ciascuno dei genitori deve provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito.

Ove necessario, il Giudice stabilisce la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, tenendo conto dei parametri indicati dall’art. 337 ter c.c.

L’entità dell’assegno viene pertanto determinata considerando:

  1. le attuali esigenze del figlio
  2. il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori
  3. i tempi di permanenza presso ciascun genitore
  4. le risorse economiche di entrambi i genitori
  5. la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

Anche l’assegno di mantenimento in favore dei figli deve essere quindi determinato considerando le esigenze del beneficiario in rapporto al tenore di vita goduto durante la convivenza dei genitori, tenendo conto di tutte le risorse a disposizione della famiglia.

Ciò in virtù del principio secondo il quale i figli di genitori separati non possono essere discriminati rispetto a quelli i cui genitori continuano a vivere insieme.

I principi espressi dalla Corte di Cassazione in tema di mantenimento

Richiamate le norme che regolano il diritto al mantenimento tra coniugi ed in favore dei figli, veniamo ad esaminare gli orientamenti assunti dalla giurisprudenza.

L’ordinanza recentemente emessa dalla Corte di Cassazione si distingue infatti per aver riaffermato i principi di diritto che regolano il diritto alla percezione dell’assegno di mantenimento da parte del coniuge separato e dei figli.

Per la Corte di Cassazione, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che, il giudice di merito, per quantificare l’assegno di mantenimento spettante al coniuge al quale non sia addebitabile la separazione, deve accertare, quale indispensabile elemento di riferimento, il tenore di vita di cui la coppia abbia goduto durante la convivenza.

La convivenza è la situazione condizionante la qualità e la quantità delle esigenze del coniuge richiedente; che vanno soddisfatte accertando le disponibilità patrimoniali (attuali) del coniuge onerato.

Con la Riforma Cartabia, è stato imposto alla parti di produrre le ultime tre dichiarazioni dei redditi e la documentazione attestante il proprio patrimonio immobiliare.

I redditi occultati al fisco

Il Giudice non può però limitarsi a considerare soltanto il reddito emergente dalla documentazione fiscale prodotta dalle parti.

Deve infatti tenere conto anche degli altri elementi di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell’onerato, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti.

Tra di essi, il Giudice deve valutare:

  • la disponibilità di un consistente patrimonio liquido e/o mobiliare
  • la conduzione di uno stile di vita particolarmente agiato e lussuoso.

Per l’accertamento del tenore di vita di cui i coniugi hanno goduto durante la convivenza assumono rilievo anche i redditi occultati al fisco.

Per consentire il più efficace apprezzamento di tali aspetti, nel disciplinare i procedimenti in materia di separazione personale dei coniugi ed in deroga alla disciplina ordinaria dell’onere della prova, il Codice civile lascia di regola alla libera iniziativa delle parti interessate.

Inoltre, l’ordinamento prevede strumenti processuali, anche ufficiosi, che consentono l’emersione dei redditi occultati ai fini della decisione (es.: indagini di polizia tributaria; l’espletamento di una consulenza tecnica).


Potete approfondire l’argomento, leggendo il testo dell’ordinanza della Corte di Cassazione QUI →

Per la relativa consulenza nell’ambito degli argomenti trattati in questo articolo o per l’assistenza in giudizio, potete contattare l’avv. Andrea Spreafico.

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