Con una recente sentenza, le Sezioni Unite hanno bloccato i pignoramenti immobiliari nei procedimenti pendenti contro i consumatori, in ragione della necessità di verificare se il titolo esecutivo sia stato ottenuto mediante clausole vessatorie.
La pronuncia – di tipo “nomofilattico” a sensi dell’art. 363 bis c.p.c. – costituisce certamente una novità, in quanto l’applicazione dei suoi principi – unitamente alla loro efficacia retroattiva – determina la necessità per i Giudici dell’esecuzione di verificare la legittimità del titolo prima di proseguire nell’esecuzione.
Tali verifiche saranno pertanto svolte dai Tribunali in tutti i casi in cui le esecuzioni abbiano quale debitore un soggetto che possa essere definito “consumatore“.
Analizziamo, nel seguito, i profili di maggiore e più diffuso interesse.
La qualifica di consumatore
Innanzitutto, è opportuno chiarire chi possa essere qualificato come “consumatore“.
Il Codice del consumo ha introdotto nel nostro ordinamento una serie di tutele mirate a proteggere i c.d. consumatori dal potere contrattuale dei grandi gruppi imprenditoriali.
Ma chi rientra, in concreto, nella categoria dei “consumatori” ?
La definizione viene fornita dallo stesso Codice del consumo, al suo art. 3.
Il consumatore è “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”.
Pertanto, qualsiasi persona – ad eccezione di chi non lavori – può contemporaneamente essere sia consumatore che “professionista”, dipendentemente dall’oggetto del rapporto contrattuale in relazione al quale agisce.
Le clausole vessatorie
Data la definizione di “consumatore“, per poter comprendere le ragioni per le quali le Sezioni Unite hanno bloccato i pignoramenti immobiliari, è necessario richiamare anche la definizione delle c.d. “clausole vessatorie“.
Nei contratti tra tra professionista e consumatore, è ancora il Codice del consumo (art. 33 e segg.) a fornirci la definizione: “si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto“.
Il secondo comma dell’art. 33 elenca inoltre la tipologia delle clausole che si presume la vessatorietà.
Ed, infine, l’art. 36 sancisce la nullità delle clausole considerate vessatorie; mentre il contratto può rimanere valido per il resto.
I principi sanciti dalla Corte di Cassazione
Nel quadro delineato dal Codice in favore (o, comunque, a tutela) dei consumatori, si inseriscono le valutazioni rese dalla Corte di Cassazione.
Per la Corte, si deve garantire ai consumatori la possibilità di opporsi al decreto ingiuntivo ottenuto (in genere) delle banche anche se il titolo non sia stato contestato e pertanto sia divenuto irrevocabile.
Tale possibilità deve essere concessa tutte le volte in cui il credito che ha dato vita all’esecuzione forzata si basi su un contratto “abusivo”, ciò contenente clausole vessatorie.
Generalmente, sono proprio i contratti bancari (come le fideiussioni, i mutui, le aperture di credito) a contenere le clausole vessatorie.
Per la Corte, il Giudice deve valutare – anche in sede di emissione di decreto ingiuntivo – e fornire una motivazione sui diritti di credito, individuando con chiarezza la clausola del contratto (o le clausole) che abbiano incidenza sull’accoglimento, integrale o parziale, della domanda del creditore; così da escluderne, quindi, il carattere vessatorio.
In mancanza di tale valutazione, il decreto ingiuntivo emesso nei confronti di un consumatore ed in favore di un professionista può essere oggetto di opposizione tardiva, a sensi dell’art. 650 c.p.c.
Le condizioni di applicabilità dei principi
I principi affermati dalle Sezioni Unite della Cassazione possono applicarsi, però, solo qualora sussistano le seguenti condizioni:
- il debitore deve essere un consumatore
- il contratto deve contenere almeno una clausola vessatoria che abbia avuto incidenza sull’accoglimento della domanda del creditore professionista
- la procedura esecutiva non deve essersi già conclusa con il provvedimento di assegnazione dell’immobile.
Nel caso in cui ricorrano tali circostanza, i principi espressi dalla Corte di Cassazione si applicano anche alle procedure già in corso.
Ciò consentirà pertanto anche a chi stia già subendo un pignoramento di bloccare la procedura esecutiva, tramite presentazione di un’opposizione tardiva al decreto ingiuntivo.
Nel caso in cui il beni sia già stato assegnato, il consumatore ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno.
Travolto il giudicato
La sentenza delle Sezioni Unite determina un effetto “dirompente” nel settore delle procedure esecutive, con particolare riferimento a quelle immobiliari che, numericamente, sono le più numerose.
La circostanza che una sentenza o un decreto ingiuntivo siano divenuti irrevocabili (ossia non più impugnabili) è stata considerata di minor pregio rispetto la tutela dei cittadini.
Per la Corte, ciò che deve considerarsi è la funzione servente del processo rispetto all’attuazione dei diritti; il suo essere mezzo e non fine.
L’affermazione resa dalla Corte di Cassazione – in applicazione di principi ormai da tempo sostenuti in materia dalla giurisprudenza della Corte europea – costituisce un passo fondamentale nella direzione di uniformare il diritto e le tutele applicabili ai consumatori europei, ivi compresi quelli italiani.
Potete leggere la versione completa della sentenza della Corte di Cassazione QUI →
Per approfondimenti od assistenza sugli argomenti trattati in questo articolo potete contattare l’avv. Gaia Spreafico o l’avv. Andrea Spreafico.