Spesso viene chiesto se sia lecito registrare conversazioni in casa propria.
Malgrado la risposta affermativa possa apparire scontata, così non è.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione penale ha risolto un contrasto giurisprudenziale e contribuito a chiarire quando le video o fono registrazioni siano lecite; e quanto, invece, non lo siano.
Abbiamo quindi scelto di approfondire l’argomento in questo nostro articolo, essendo la questione di diffuso interesse e di complessa interpretazione.
Le interferenze illecite nella vita privata
Per comprendere quando si possano registrare conversazioni deve innanzitutto richiamarsi il dettato dell’art. 615-bis c.p. – Interferenze illecite nella vita privata, il cui comma I così sancisce:
“Chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’art. 614 c.p., è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.“
Gli elementi che hanno rilievo nella norma sono i seguenti:
- l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora
- il procurarsi indebitamente notizie o immagini di vita privata altrui
- la vita privata deve svolgersi in determinati luoghi, appunto considerati “privati”.
I luoghi (privati) ai quali fa riferimento il richiamato art. 614 c.p. sono i seguenti:
- abitazione altrui
- altro luogo di privata dimora
- appartenenze di tali luoghi.
Va osservato che il concetto di “privata dimora” sia giuridicamente più ampio rispetto a quello di “abitazione”.
La “privata dimora” è infatti un qualsiasi luogo non pubblico o non destinato a casa di abitazione, nel quale una persona trascorra del tempo per compiere attività della propria vita privata.
Va inoltre considerato che sul concetto di “privata dimora” sia intervenuta più volte la Corte di Cassazione, con una interpretazione estensiva dell’art. 615 bis c.p., volta a garantire una maggior tutela della riservatezza.
Ciò ha determinato una estensione dell’ambito di operatività dell’art. 615 bis c.p., che deve intendersi quindi applicabile anche ad ambienti nei quali non si svolge vita domestica.
La questione di diritto e l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione
La questione di diritto concerne la possibilità, per una persona lecitamente presente nei luoghi di cui all’art. 614 c.p., di poter o meno legittimamente effettuare captazioni di conversazioni alle quali non ha partecipato.
Su tale questione esisteva un contrasto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Secondo un primo orientamento, l’art. 615 bis c.p. tutelerebbe la riservatezza domiciliare; e non la libertà morale.
Con la conseguenza che la norma sanzionerebbe solo la condotta dì chi risulti estraneo agli atti della vita privata oggetto di captazione. E non la condotta di chi sia stato ammesso, sia pure estemporaneamente, a farne parte.
Secondo un più recente orientamento, gli estremi del reato andrebbero ravvisati nel caso in cui la persona, all’interno della propria abitazione, carpisca immagini o notizie attinenti alla vita privata di altri soggetti che vi si trovavano, senza tuttavia partecipare alla conversazione.
Pertanto, ai fini dell’esclusione del reato, dovrebbe sussistere un consenso, quantomeno implicito, da parte della persona coinvolta nelle captazioni.
La soluzione del conflitto offerta dalla Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha superato i precedenti orientamenti, sostenendo la configurabilità del delitto di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis cod. pen.) anche quando la registrazione di immagini o suoni sia stata realizzata da una persona non estranea al domicilio.
L’estraneità al domicilio non può essere intesa nel senso, riduttivo, che l’agente non debba essere titolare dello ius excludendi e/o condividere, stabilmente o occasionalmente, il luogo fisico in cui la persona offesa estrinseca la sua personalità.
Il concetto va inteso in altra e più elevata accezione.
Ai fini della configurabilità del reato, si richiede che il reo non partecipi a quella porzione di “vita privata” (registrata o ripresa) che si esplica all’interno del domicilio e difetti il consenso, espresso o implicito, della persona le cui conversazioni o immagini vengano (perciò, indebitamente) captate.
Per la Corte di Cassazione, quindi, il reato di interferenze illecite nella vita privata deve ritenersi configurabile anche quando l’agente sia titolare o con-titolare del domicilio, nel quale carpisca immagini o registri conversazioni della vita privata di chi nel domicilio si trovi, senza il consenso di tale persona.
Le possibili cause di giustificazione
La Corte di Cassazione ha ulteriormente precisato che non sempre debba sussistere il consenso dei presenti perchè sia integrato il delitto di cui all’art. 615 bis c.p.
Può infatti ritenersi lecito registrare conversazioni in casa propria od in altro luogo di privata dimora nel caso concreto in cui sussistano determinate cause di giustificazione, quali ad esempio:
- l’esercizio di un diritto
- l’adempimento di un dovere
- la legittima difesa.
Potete approfondire l’argomento, leggendo il testo della sentenza della Corte di Cassazione QUI →
Per la relativa consulenza nell’ambito degli argomenti trattati in questo articolo o per l’assistenza in giudizio, potete contattare l’avv. Andrea Spreafico.
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