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Un numero crescente di risparmiatori ha operato investimenti in diamanti e si chiede se possa in tal caso sussistere una responsabilità delle banche.
La giurisprudenza di merito e di legittimità, nel tempo, hanno indicato quali circostanze debbano ricorrere affinchè un istituto di credito possa essere condannato a risarcire i danni patiti dai clienti investitori.
Di seguito Vi offriamo un breve approfondimento di questo tema.
Il caso
La fattispecie sottoposta all’esame del Tribunale di Milano riguardava la controversia insorta tra un istituto di credito e un suo cliente che aveva acquistato presso una filiale dei diamanti.
Le pietre erano poi risultate avere un valore di mercato notevolmente inferiore al prezzo pagato. Con conseguente danno patrimoniale per il cliente.
Il cliente ha ritenuto sussistesse una responsabilità della banca in quanto l’istituto aveva:
- messo a disposizione il materiale informativo (pur predisposto dalla società venditrice)
- inoltrato l’ordine di acquisto
- ospitato le parti in una propria filiale per la stipula del contratto e la consegna dei diamanti
- conseguito una provvigione rapportata agli ordini di acquisto inoltrati e condotti a buon fine.
Il cliente ha lamentato l’induzione a confidare nella bontà dell’operazione in ragione dell’affidamento nell’operato della banca e nella prospettazione dell’investimento che quest’ultima gli aveva reso.
Le motivazioni della sentenza
Il Tribunale di Milano ha accolto la domanda del cliente, affermando che negli investimenti in diamanti possa sussistere una responsabilità delle banche e chiarendo a quali condizioni.
Per i Giudici, devono sussistere:
- l’apporto causale della banca nell’investimento in diamanti proposto al cliente
- il suo ruolo attivo nello svolgimento dell’operazione di acquisto.
In presenza di tali condizioni, può affermarsi la responsabilità dell’istituto di credito per la violazione degli obblighi informativi e protettivi posti a tutela della clientela.
Tale responsabilità trova fondamento nel contatto sociale qualificato, instauratosi tra la banca ed il suo cliente.
Rapporto in grado di ingenerare in quest’ultimo un legittimo affidamento in ordine all’adempimento da parte dell’istituto non già di meri obblighi di prestazione ai sensi dell’art. 1174 c.c., bensì di obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, idonei ad attribuire serietà e trasparenza all’operazione di acquisto proposta.
La responsabilità della banca, fondata sul contatto qualificato, deve pertanto inquadrarsi nell’ambito della responsabilità contrattuale.
All’affermazione della responsabilità della banca nei confronti dei risparmiatori nel caso in cui abbia promosso e/o favorito investimenti non convenienti, consegue l’obbligo al risarcimento dei danni.
Inoltre, trova applicazione la relativa disciplina sia in tema di riparto dell’onere probatorio sia in tema di prescrizione, con l’applicazione del termine decennale.
La quantificazione del danno
Altro tema affrontato nella sentenza emessa dal Tribunale di Milano è quello inerente la quantificazione del danno risarcibile.
A tale riguardo, secondo l’orientamento consolidatosi nella giurisprudenza di merito, il diritto del cliente ad essere risarcito va quantificato in base alla differenza tra il prezzo pagato e il valore effettivo del diamante.
Quest’ultimo può essere calcolato attraverso il raffronto con il valore per carato dei diamanti, della stessa purezza e dello stesso colore di quelli acquistati.
A tal fine, il Tribunale ha affermato che possa farsi legittimamente riferimento alle quotazioni pubblicate listino Rapaport.
I precedenti giurisprudenziali
La decisione del Tribunale di Milano si riporta alle motivazioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato in data 11 Marzo 2021 n. 2081.
Con tale affermazione, i giudici amministrativi hanno confermato il coinvolgimento attivo dell’istituto di credito, non essendosi limitato a fornire mere indicazioni di massima e ne ha in conseguenza affermato la responsabilità nei confronti dei clienti convinti che l’operazione di acquisto dei diamanti e le informazioni fornite fossero state verificate e, quindi, garantite dalla banca.
La decisione in commento appare inoltre allineata all’orientamento della prevalente giurisprudenza di merito.
Potete leggere il testo integrale della sentenza emessa dal Tribunale di Milano QUI →
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