Illecito lo sciopero che danneggia la produttività dell’azienda

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E’ illecito lo sciopero che danneggia la produttività dell’azienda.

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione è tornata a trattare la legittimità del diritto di sciopero in una recente ordinanza, che abbiamo ritenuto di approfondire in questo nostro articolo.

Il diritto di sciopero

Lo sciopero è una forma di autotutela collettiva dei lavoratori, finalizzata alla tutela dei loro diritti ed interessi.
Consiste in un’astensione concertata dal lavoro, posta in essere al fine di esercitare una pressione nei confronti di una controparte; che, normalmente, coincide con il datore di lavoro.

Il diritto di sciopero è un diritto individuale; che può essere però esercitato soltanto in forma collettiva.

Il lavoratore che aderisce allo sciopero non ha diritto alla retribuzione per le ore di astensione dal lavoro.

I principi di diritto sanciti dalla giurisprudenza delle Sezioni unite individuano i limiti esterni del diritto di sciopero sulla base della distinzione tra danno alla produzione e danno alla produttività (in tal senso, Cass. S.U. n. 711/1980).

Pertanto, il diritto di sciopero, quale che sia la sua forma di esercizio e l’entità del danno arrecato, non ha altri limiti se non quelli che si rinvengono in norme che tutelino posizioni soggettive concorrenti, su un piano prioritario o quanto meno paritario.

I limiti al diritto di sciopero

L’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale formatasi nel secolo scorso aveva portato ad individuare i limiti “interni” ed i limiti “esterni” al diritto di sciopero.

I limiti “interni” erano quelli inerenti la legittimità delle cosiddette forme “anomale” di sciopero: a scacchiera, a singhiozzo, a sorpresa, etc.

Questa tipologia di limiti è stata però ormai totalmente superata dalla giurisprudenza, che ha ritenuto legittimi gli scioperi “articolati”.

L’esercizio del diritto suddetto non tollera neanche limitazioni conseguenti ad aspetti dimensionali dell’azienda.
Lo sciopero:

  • è libero nella forma
  • non richiede una sua comunicazione al datore di lavoro
  • non richiede una sua formale proclamazione
  • può concretarsi anche nell’astensione da una parte soltanto della prestazione lavorativa.

Permangono invece tutt’oggi i limiti “esterni” al diritto di sciopero.

Questi limiti possono essere individuati in quelle norme che tutelano posizioni soggettive concorrenti, su un piano prioritario o quantomeno paritario, rispetto al diritto di sciopero.

Tra queste, possono essere individuate le norme che tutelano i seguenti diritti:

  • alla vita
  • all’incolumità personale
  • alla libertà dell’iniziativa economica
  • al lavoro per tutti i cittadini.

Dal punto di vista dell’interesse dell’imprenditore, il limite “esterno” al diritto di sciopero è costituito non più dalla perdita sproporzionata di produzione, bensì dalla necessità di tutelare il potenziale produttivo delle aziende.

L’illegittimità dello sciopero

Per la giurisprudenza, l’esercizio del diritto di sciopero deve ritenersi illecito se, ove non effettuato con gli opportuni accorgimenti e cautele nonchè ove non esorbitante i citati limiti “esterni“, appaia idoneo a pregiudicare irreparabilmente la produttività dell’azienda.

In tal senso devono indicarsi la distruzione o una duratura inutilizzabilità degli impianti, con pericolo per l’impresa come organizzazione istituzionale, non come mera organizzazione gestionale, con compromissione dell’interesse generale alla preservazione dei livelli di occupazione.

Sono quindi illegittime tutte le forme di sciopero che importino pericoli o danni ed alterazioni alla integrità e funzionalità degli impianti; o che siano dirette ed idonee a pregiudicare la produttività dell’azienda.

Il fatto che lo sciopero arrechi, in senso lato, un danno al datore di lavoro, impedendo o riducendo la produzione della sua azienda, è connaturale alla funzione di autotutela coattiva propria dello sciopero stesso.

Le precisazioni offerte dalla Corte di Cassazione

Per la Corte, il diritto di sciopero non incontra limiti diversi da quelli propri della ratio storico-sociale che lo giustifica e dell’intangibilità di altri diritti o interessi costituzionalmente garantiti.

Lo sciopero deve concretarsi in un’astensione dal lavoro, decisa ed attuata collettivamente per la tutela di interessi collettivi, anche di natura non salariale ed anche di carattere politico generale, purché incidenti sui rapporti di lavoro.

Al riguardo restano prive di rilievo la fondatezza, la ragionevolezza e l’importanza delle pretese perseguite dallo sciopero.

Sono, per contro, vietate le forme di attuazione dello sciopero che assumano modalità delittuose; in quanto lesive dell’incolumità e della libertà delle persone, o di diritti di proprietà o della capacità produttiva delle aziende.

E’ quindi illecito lo sciopero che danneggia la produttività dell’azienda.

La Corte ha inoltre precisato che, rispetto allo svolgimento del “conflitto collettivo“, il datore di lavoro sia tenuto a conservare un atteggiamento di neutralità.

Resta pertanto precluso, al datore di lavoro, il ricorso ai poteri disciplinari e gerarchico-direttivi.

Sono esclusivamente fatti salvi gli eventuali interventi del datore necessari per proteggere l’incolumità delle persone, ivi compresi i lavoratori non scioperanti, o l’integrità dell’azienda.


Se desiderate approfondire il tema, potete leggere il testo integrale dell’ordinanza della Corte di Cassazione QUI →

Per la relativa consulenza od assistenza nell’ambito degli argomenti trattati in questo articolo, potete contattare l’avv. Andrea Spreafico.

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