Il diritto alla revisione del prezzo nella vendita a corpo

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Una interessante sentenza della Corte di cassazione si è occupata del diritto alla revisione del prezzo nella vendita a corpo.

Ne trattiamo di seguito i punti salienti.

Il caso oggetto del giudizio

La vicenda prende spunto da un ricorso con il quale veniva invocata la riduzione del prezzo di compravendita a fronte delle difformità riscontrate in un bene immobile compravenduto.
In particolare, quest’ultimo aveva una estensione inferiore a quella promessa ed indicata in atto di vendita e l’ascensore era inidoneo allo scopo.

Nel caso di specie, l’ immobile era stato individuato, tanto nel contratto preliminare che nel contratto definitivo, non soltanto in relazione alle sue caratteristiche ed ai dati catastali, ma anche con espressa indicazione della sua consistenza e rinvio ad una planimetria descrittiva.
La descrizione contenuta nelle due pattuizioni, preliminare e definitiva, faceva espresso riferimento sia alla superficie commerciale (400 mq.) sia a quella utile (372 mq.).

Il venditore resisteva in giudizio, rilevando che la compravendita fosse stata conclusa a corpo, e non a misura; con conseguente irrilevanza della differenza di superficie lamentata dall’acquirente.

Le motivazioni della Corte di cassazione

Secondo la Corte va data continuità alla prevalente interpretazione, con affermazione del seguente principio di diritto:

Qualora le parti concludano un contratto di compravendita “a corpo” indicando, nell’ambito di esso, la misura del bene compravenduto, si applica il rimedio di cui all’art. 1538 comma I c.c., in presenza di una divergenza quantitativa della misura del bene maggiore di un ventesimo di quella indicata nel contratto.
Resta salva la facoltà delle parti
di escludere l’efficacia della norma dianzi richiamata, mediante specifica clausola negoziale, pur in presenza dei requisiti previsti per la
sua applicabilità“.

In tema di vendita immobiliare “a corpo”, l’art. 1538 comma I c.c. risponde alla necessità di ripristinare l’equilibrio delle prestazioni quale in concreto fissato dalle parti quando esso sia stato pregiudicato dalla sperequazione emersa dopo la stipula.

Il procedimento interpretativo devoluto al Giudice si articola in quattro fasi successive:

  1. verifica l’esistenza di una compravendita “a corpo” con specifica indicazione, nel contratto, della misura del bene compravenduto;
  2. verifica il superamento del limite quantitativo previsto dall’art. 1538 comma I c.c. (un ventesimo della misura pattuita dai paciscenti);
  3. riscontra la presenza o l’assenza di clausola negoziale atta ad escludere il rimedio specifico di cui alla norma appena richiamata;
  4. opera la riduzione del corrispettivo previsto dalle parti, in funzione riequilibratoria del sinallagma contrattuale.

Pertanto, il diritto alla revisione del prezzo nella vendita a corpo non deve seguire il criterio del valore di mercato nè il criterio proporzionale “secco”.
Ma deve applicare
 un criterio proporzionale “corretto”, che prescinda dall’esatta misurazione del bene, entro l’ambito per il quale è esclusa la revisione ex art. 1538 c.c.


Per ulteriori approfondimenti, potete leggere il testo integrale della sentenza QUI →

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