Con l’ordinanza n. 132 del 9/26 Giugno 2020, la Corte Costituzionale è intervenuta sul delicato tema del bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e tutela della reputazione, trattando una questione di legittimità inerente la legittimità della pena detentiva prevista dal nostro ordinamento in caso di diffamazione a mezzo stampa.
Il supremo Collegio ha osservato che il bilanciamento espresso dalla normativa vigente sia divenuto ormai inadeguato; e richieda di essere rimeditato dal legislatore anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale – al di fuori di ipotesi eccezionali – considera sproporzionata l’applicazione di pene detentive nei confronti di giornalisti che abbiano pur illegittimamente offeso la reputazione altrui.
Il nuovo bilanciamento individuato dalla Corte Costituzionale «dovrà coniugare le esigenze di garanzia della libertà giornalistica (…) con le altrettanto pressanti ragioni di tutela effettiva della reputazione individuale delle vittime di eventuali abusi di quella libertà da parte dei giornalisti; vittime che sono oggi esposte, dal canto loro, a rischi ancora maggiori che nel passato. Basti pensare, in proposito, agli effetti di rapidissima e duratura amplificazione degli addebiti diffamatori determinata dai social networks e dai motori di ricerca in internet. Un così delicato bilanciamento spetta primariamente al legislatore, che è il soggetto più idoneo a disegnare un equilibrato sistema di tutela dei diritti in gioco, che contempli non solo il ricorso – nei limiti della proporzionalità rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva dell’illecito – a sanzioni penali non detentive nonché a rimedi civilistici e in generale riparatori adeguati (come in primis l’obbligo di rettifica), ma anche a efficaci misure di carattere disciplinare, rispondendo allo stesso interesse degli ordini giornalistici pretendere, da parte dei propri membri, il rigoroso rispetto degli standard etici che ne garantiscono l’autorevolezza e il prestigio, quali essenziali attori del sistema democratico. In questo quadro, il legislatore potrà eventualmente sanzionare con la pena detentiva le condotte che, tenuto conto del contesto nazionale, assumano connotati di eccezionale gravità dal punto di vista oggettivo e soggettivo, tra le quali si inscrivono segnatamente quelle in cui la diffamazione implichi una istigazione alla violenza ovvero convogli messaggi d’odio».
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