Le Sezioni Unite penali sul “perimetro temporale” della confisca

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Il tema della confisca in ambito penale è entrato ormai a far parte dei temi più trattati dalla giurisprudenza di legittimità, in ragione delle molteplici problematiche sottese e degli scarsi riferimenti normativi disponibili.

Le Sezioni Unite penali tornano così sulla confisca; occupandosi, da ultimo, dell’individuazione del “perimetro temporale” della confisca allargata disposta dal giudice dell’esecuzione.

Cerchiamo di comprendere quale sia il problema e quale la soluzione individuata dalle Sezioni Unite.


In ordine alla definizione del limite temporale di efficacia della confisca allargata disposta in sede di esecuzione vi era un contrasto tra due diverse opzioni ermeneutiche.

Per la prima (e maggioritaria) opinione, occorreva avere riguardo alla data della sentenza con la quale era stata accertata la responsabilità penale del condannato.
Conseguentemente, la confisca in executivis non poteva essere disposta sui beni entrati nel patrimonio del condannato in epoca successiva alla data della pronuncia della sentenza di condanna.

Per la seconda opinione, occorreva invece avere riguardo alla data di irrevocabilità della sentenza di condanna.
Pertanto, i beni assoggettabili alla confisca ex art. 240 bis c.p. disposta dal giudice dell’esecuzione avrebbero potuto essere anche quelli acquistati o comunque entrati nella disponibilità del condannato dopo l’emissione della sentenza e sino alla data di passaggio in giudicato (cd. irrevocabilità).

Sebbene la questione possa apparire di scarso interesse pratico (in ragione del fatto che tra le due date spesso decorra un lasso di soli 15 giorni), deve considerarsi che in alcuni casi tale lasso temporale sia decisamente più ampio.
E, pertanto, è possibile che nelle more il patrimonio del condannato subisca incrementi (o decrementi) significativi.


Ciò considerato, dalle prime informazioni rese disponibili si è saputo che le Sezioni Unite abbiano confermato l’orientamento maggioritario e più restrittivo, precisando che “il giudice dell’esecuzione, investito della richiesta di confisca ex art. 240-bis cod. pen., esercitando gli stessi poteri che, in ordine alla detta misura di sicurezza atipica, sono propri del giudice della cognizione, può disporla, fermo restando il criterio di “ragionevolezza temporale”, in ordine ai beni che sono entrati nella disponibilità del condannato fino al momento della pronuncia della sentenza per il c.d. reato “spia”, salva comunque la possibilità di confisca dei beni acquistati anche in epoca posteriore alla sentenza, ma con risorse finanziarie possedute prima“.

Il Supremo Collegio ha quindi individuato nella pronuncia della sentenza di condanna per il cd. reato-spia (e non nel passaggio in giudicato della stessa) il termine finale della presunzione di illecita accumulazione patrimoniale che caratterizza l’applicazione dell’istituto in parola.

La Corte ha però chiarito che possano essere oggetto di confisca anche i beni acquistati in epoca successiva alla sentenza ma con risorse che il condannato già possedeva in precedenza.


In attesa del testo integrale delle motivazioni, per approfondire la tematica potere leggere il testo del comunicato → ovvero il testo del commento →

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