La Cassazione torna sulla garanzia decennale degli immobili con una ordinanza che precisa alcuni degli orientamenti che, per anni, avevano caratterizzato le sue decisioni.
In particolare, la pronuncia – in prospettiva nomofilattica – ha offerto una precisa indicazione in merito alla decorrenza del termine decennale previsto dall’art. 1669 c.c. ed alle condizioni di fatto che rendono evidente il pericolo di rovina o i gravi difetti.
Di seguito, abbiamo approfondito l’argomento.
La garanzia decennale (art. 1669 c.c.)
Al fine di comprendere il tenore delle affermazioni rese dalla Corte di Cassazione, occorre innanzitutto far riferimento al testo della norma del Codice Civile per prevede la garanzia decennale per rovina o grave difetto.
Il testo dell’art. 1669 c.c. così prevede:
“Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta.
Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia“
Per gli immobili destinati a lunga durata, l’art. 1669 c.c. imputa all’appaltatore una responsabilità più grave sotto il profilo della durata, rispetto a quella ordinaria prevista nel Codice Civile; e speciale, rispetto alla responsabilità per i vizi ex artt. 1667 – 1668 c.c.
In caso di rovina, pericolo di rovina, gravi difetti, l’art. 1669 c.c. offre quindi una maggior tutela al committente, rispetto a quella prevista ordinariamente dal Codice Civile.
Il termine decennale
La maggiore tutela offerta al committente dell’opera dall’art. 1669 c.c. è però da contemperare con l’interesse imprenditoriale dell’appaltatore ad individuare, con la maggiore certezza possibile, il momento in cui il rapporto decennale di responsabilità si esaurisce.
Analoga esigenza è avvertita dalle Compagnie assicurative, che forniscono le coperture (le c.d. polizze decennali postume) per questo genere di rischi.
Vi è quindi l’esigenza di fissare in modo certo il dies a quo di decorrenza del termine, neutralizzando l’impatto negativo del maggiore fattore di incertezza.
Si tratta quindi di concretizzare il significato del “compimento” di quei lavori o di quell’opera di cui si allega la rovina totale o parziale ovvero il manifestarsi, con evidenza, di un pericolo di rovina o di un grave difetto.
Il fatto storico
La vicenda che ha determinato la mutazione dell’orientamento della Cassazione in materia riguardo la realizzazione di opere in cemento armato.
Nel 2004 un committente ha richiesto al Tribunale la condanna di un appaltatore al risarcimento dei danni da vizi nella costruzione di un edificio a tre piani per abitazione; opera appaltata nel 1987.
Il committente ha sostenuto che l’appaltatore avesse realizzato i pilastri e il solaio – senza poi ultimare il resto dei lavori oggetto del contratto di appalto – impiegando una quantità di cemento inadeguata.
Per tale errore, a distanza di oltre dieci anni (ossia, alla fine del 2002) si sono rinvenute lesioni sulle travi di fondazione.
Il Consulente tecnico nominato dal Tribunale ha accertato che l’impiego di una quantità di cemento inadeguata abbia causato una resistenza alla compressione minore rispetto al necessario.
E che da tale situazione siano poi derivate le lesioni alle travi di fondazione.
Con conseguente rischio di rovina dell’edificio.
Il Tribunale ha rigettato la domanda del committente, rilevando che fosse stata promossa quando già era maturata la prescrizione annuale prevista dall’art. 1669 c.c.
La sentenza della Corte d’Appello
La Corte di Appello ha accolto il ricorso promosso dal committente, citando l’orientamento della Corte di Cassazione secondo il quale: “Ai fini della proponibilità dell’azione risarcitoria prevista dall’art. 1669 c.c. in caso di rovina o di gravi difetti di cose immobili destinate a durare nel tempo, il termine di dieci anni dal compimento dell’opera previsto da tale norma attiene alle condizioni di fatto che danno luogo a responsabilità del costruttore“.
Tale orientamento è stato riassunto nelle massime delle sentenze n. 5920/1993 ed in altre successive, sino alla recente sentenza n. 13707/2023.
La precisazione dell’orientamento della Cassazione
La questione è stata portata dall’appaltatore avanti alla Corte di Cassazione, che con ordinanza ha criticato la sentenza emessa dalla Corte di Appello e chiarito le ragioni per le quali l’art. 1669 c.c. debba interpretarsi diversamente da come fatto nelle massime delle sentenze citate.
La Corte ha precisato che l’art. 1669 c.c. disponga esplicitamente che, nel “corso di dieci anni dal compimento“, il grave difetto deve presentarsi come “evidente“.
Ciò significa che “entro il termine decennale dal compimento devono verificarsi la rovina ovvero le condizioni di fatto che manifestano con evidenza il pericolo di rovina o il grave difetto della costruzione“.
Il legislatore ha delineato con l’art. 1669 comma I c.c. una nozione di “compimento” autonoma rispetto all’oggetto dell’obbligazione che ha fonte nel contratto di appalto; ed alla sua completa realizzazione.
Si tratta quindi di concretizzare il significato del compimento di quei lavori o di quell’opera di cui si lamenta la rovina totale o parziale ovvero il manifestarsi, con evidenza, di un pericolo di rovina o di un grave difetto.
Senza che possa ritenersi determinante la circostanza che tali lavori o tale opera coincidano (o meno) con l’adempimento integrale dell’obbligazione oggetto del contratto di appalto.
Per la Corte, ai fini della proponibilità dell’azione risarcitoria prevista dall’art. 1669 c.c. in caso di rovina o di gravi difetti di cose immobili destinate a durare nel tempo, il termine di dieci anni dal compimento dell’opera attiene alla percepibilità delle condizioni di fatto che rendono evidente la responsabilità del costruttore o rendono evidente il pericolo di rovina o i gravi difetti.
Nel caso di specie, il grave difetto si è “presentato evidente” a distanza di quasi quindici anni dal “compimento” dell’opera.
E, pertanto, in epoca certamente successiva alla decorrenza del termine di garanzia decennale.
Se desiderate approfondire il tema, potete leggere il testo integrale della ordinanza della Corte di Cassazione QUI →
Per la relativa consulenza nell’ambito degli argomenti trattati in questo articolo o per la proposizione del ricorso avverso il verbale di contestazione, potete contattare l’avv. Andrea Spreafico.