Il calcolo del valore dei beni relitti nella successione ereditaria è una questione complessa, che spesso genera discussioni prima tra i parenti e poi nelle aule dei Tribunali.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione permette di affrontare il tema e di offrirVi le principali indicazioni in materia.
La successione ereditaria
Per comprendere l’ambito argomentativo trattato dal presente articolo, è innanzitutto necessario far riferimento al diritto ereditario; ed individuare quali siano i rapporti trasmissibili mortis causa.
In via generale, si trasmettono i seguenti rapporti:
- i diritti patrimoniali assoluti (proprietà ed altri diritti reali)
- le azioni relative ai diritti patrimoniali assoluti
- i contratti
- le obbligazioni.
Non si trasmettono invece in ragione dell’estinzione derivante dalla morte del titolare:
- i rapporti non patrimoniali
- i diritti connessi alla personalità (es: usufrutto, uso, abitazione, etc.)
- i diritti familiari (matrimonio, potestà parentale).
Tipologie di successione ereditaria
La successione ereditaria può essere di due tipi:
- a titolo universale (l’erede subentra, in quota o per l’intero, nella totalità dei diritti e dei rapporti)
- a titolo particolare (il successore, c.d. legatario, subentra solo in uno o più rapporti).
Va precisato che l’erede universale acquisisca anche gli eventuali debiti: motivo per il quale assume la qualità di erede solo con l’accettazione volontaria (espressa o tacita) dell’eredità.
Mentre il legatario acquisisce automaticamente tale qualifica all’apertura della successione; senza che sia quindi necessaria alcuna accettazione del lascito, in quanto quest’ultimo – generalmente – costituisce solo un vantaggio.
La successione si distingue ulteriormente in:
- testamentaria (quando il defunto ha disposto dei propri beni con testamento)
- legittima (quanto manca od è invalido il testamento, la legge individua gli eredi ed assegna loro i beni)
- necessaria (quando il testatore abbia disposto dei propri beni, ma senza rispettare i diritti garantiti dalla legge ai c.d. legittimari, ai quali spetta sempre di diritto una quota di eredità).
Va osservato che, anche in caso di successione testamentaria, debbano rispettarsi i criteri della successione legittima; fatta salva la c.d. quota disponibile.
L’apertura della successione ereditaria
La successione ereditaria che si apre al momento del decesso della persona, nel luogo del suo ultimo domicilio.
L’apertura della successione determina il trasferimento dalla persona defunta ai suoi successori dei rapporti giuridici sopra elencati.
La c.d. legittima
In assenza di testamento, il Codice civile prevede i meccanismi di devoluzione dell’eredità in favore dei c.d. legittimari.
In mancanza di eredi, è lo Stato ad ereditare ed a farsi carico dei debiti ereditari nei limiti dei crediti ereditati.
Per l’art. 536 c.c. i legittimari – ossia le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità od altri diritti nella successione – sono:
- il coniuge
- i figli (ossia i discendenti)
- gli ascendenti.
Ai legittimari spettano, a seconda dei soggetti in vita all’apertura della successione, le seguenti quote dell’asse ereditario:
- 1/2 quota legittima al figlio unico, 1/2 quota disponibile;
- 2/3 quota legittima ai figli (da due in su), 1/3 quota disponibile;
- 1/3 quota legittima agli ascendenti, 2/3 quota disponibile;
- 1/2 quota legittima al coniuge, 1/2 quota disponibile;
- 1/3 quota legittima al figlio unico, 1/3 quota legittima al coniuge, 1/3 quota disponibile;
- 1/2 quota legittima ai figli (da due in su), 1/4 quota legittima al coniuge, 1/4 quota disponibile;
- 1/2 quota legittima al coniuge, 1/4 quota legittima agli ascendenti, 1/4 quota disponibile.
Al coniuge spettano anche – senza che il loro valore gravi sulla legittima – il diritto di abitazione sulla casa di residenza familiare se di proprietà del defunto ed il diritto di uso degli arredi contenuti in tale abitazione.
L’asse ereditario, i beni relitti e la collazione
L’asse ereditario – definito anche massa ereditaria – è l’insieme dei rapporti (beni, diritti ed obbligazioni) che costituiscono l’oggetto della successione.
Nel definire la composizione dei beni facenti parte dell’asse ereditario bisogna considerare i beni c.d. relitti (ossia tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte – vedasi l’art. 556 c.c.) ed i beni che il defunto quando era in vita ha donato in via diretta e/o indiretta agli eredi; salvo che nell’atto di donazione siano stati da ciò esentati in modo espresso (c.d. dispensa).
Si tratta della c.d. collazione, disciplinata dall’art. 737 c.c., e la relativa dispensa vale nei limiti della quota disponibile.
La reintegrazione (o reintegra) e di riduzione
Il legittimario che ritiene di aver subito una lesione della sua quota di legittima può esercitare, entro dieci anni dall’apertura della successione, l’azione di reintegrazione e di riduzione.
Gli artt. 553 e 554 e 555 c.c. disciplinano le azioni di reintegrazione, rispettivamente:
- delle porzioni degli eredi legittimi in concorso con legittimari
- delle disposizioni testamentarie
- delle donazioni.
L’art. 564 c.c. disciplina l’azione di riduzione, con particolare riferimento alle condizioni per il suo esercizio.
La citata disposizione prevede che il legittimario che non abbia accettato l’eredità col beneficio d’inventario non possa chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati; fatta eccezione per le donazioni e i legati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano rinunziato all’eredità.
Il legittimario che domanda la riduzione di donazioni o di disposizioni testamentarie deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti; salvo, come detto, che ne sia stato espressamente dispensato.
Il fatto oggetto del procedimento civile
Per comprendere i principi che, secondo la Corte di Cassazione, regolano il calcolo del valore dei beni relitti nella successione ereditaria, occorre ora analizzare il fatto storico oggetto del procedimento civile.
Un figlio ha chiesto il sequestro giudiziario di tutti i beni caduti nella successione del padre, dopo avere premesso che il genitore, con testamento olografo avesse lasciato tutto il suo patrimonio al fratello ed avesse assegnato a lui solo un legato in sostituzione di legittima.
L’adozione della misura cautelare è stata motivata a causa del comportamento del fratello, che non consentiva nessun controllo sulla consistenza e sulla gestione del compendio ereditario.
Il Tribunale ha autorizzato il sequestro e, nella causa di merito, l’attore ha poi chiesto ed ottenuto l’attribuzione di un terzo dell’eredità paterna, previa riunione alla massa dei beni oggetto di donazioni indirette fatte dal de cuius all’altro figlio.
Nonostante l’ottenimento della ragione in primo grado, ne è seguita una lunghissima vicenda giudiziaria, della quale analizziamo solo il primo motivo di appello ed il successivo ricorso per cassazione promossi entrambi dal fratello che ha ottenuto ragione, che sono gli aspetti qui di interesse.
Con l’appello è stato infatti lamentato che, pur essendo stata accertata la lesione della quota di legittima, la divisione dei beni ereditari fosse stata effettuata secondo la stima all’epoca dell’apertura della successione; e non in base al diverso valore che gli stessi avevano assunto alla data della divisione.
La Corte di Appello ha però rigettato il ricorso, sostenendo che la lesione della quota di legittima debba essere calcolata in base al valore dei beni caduti in successione e donati alla data di apertura della successione; dovendo tale criterio di stima operare ad ogni effetto.
L’attore ha quindi presentato ricorso in cassazione, sostenendo che il calcolo del valore dei beni relitti dovesse essere eseguito solo allorchè l’asse ereditario fosse stato integralmente ricomposto, a seguito dell’accoglimento dell’azione di riduzione.
Le indicazioni offerte dalla Corte di Cassazione
La sentenza della Corte è piuttosto articolata. Ma altrettanto chiara nel definire le questioni rilevanti per il giudizio.
Per la Cassazione, in presenza dell’istituzione di erede universale ovvero per quote astratte dell’intero patrimonio, il legittimario pretermesso non diviene erede al momento di apertura della successione, ma solo una volta esperita vittoriosamente l’azione di riduzione.
Pertanto, in considerazione del fatto che le disposizioni testamentarie lesive della legittima conservino la loro piena efficacia sino a quando non vengono impugnate con l’azione di riduzione, solo con l’esito dell’azione di riduzione è possibile ricostruire correttamente l’asse ereditario; e, quindi, il valore dei beni relitti.
Ciò in quanto, qualora il de cuius abbia distribuito con testamento tutto il suo patrimonio pretermettendo alcuni legittimari, questi non partecipano alla comunione ereditaria per il semplice fatto che si è aperta la successione testamentaria; ma solo ottenuta la riduzione.
Il principio di diritto espresso dalla Cassazione
In considerazione delle ragioni che precedono, la Corte di Cassazione ha espresso il seguente principio di diritto:
“In caso di pretermissione del legittimario per effetto di istituzione di erede a titolo universale, a seguito dell’esperimento vittorioso dell’azione di riduzione sui beni relitti ovvero recuperati per effetto sempre dell’azione di riduzione, viene a determinarsi una situazione di comunione tra l’erede istituito ed il legittimario nella quale la quota del primo è corrispondente al valore della quota di legittima non soddisfatta determinata in proporzione al valore dell’intera massa, il tutto secondo la stima compiuta alla data di apertura della successione; tuttavia ove debba procedersi alla divisione della comunione così insorta, la stima dei beni in vista delle operazioni divisionali deve essere aggiornata alla luce del mutato valore dei beni tra la data di apertura della successione e quella di effettivo scioglimento della comunione”.
Per approfondire l’argomento, potete leggere il testo integrale della sentenza QUI →
Per la relativa consulenza od assistenza, potete contattare l’avv. Andrea Spreafico o l’avv. Riccardo Spreafico.