L’identificazione degli ospiti delle strutture ricettive

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I punti chiave (c.d. Key Takeaways)
  • Il Consiglio di Stato ha chiarito gli obblighi di identificazione degli ospiti delle strutture ricettive con la sentenza n. 9101/2025.
  • La verifica deve garantire la corrispondenza tra la persona e i documenti in tempo reale, escludendo pratiche come il check-in da remoto.
  • L’art. 109 del T.U.L.P.S. richiede che i gestori verifichino l’identità degli ospiti mediante l’esibizione di documenti validi.
  • La circolare ministeriale n. 38138/2024 ha imposto l’identificazione ‘de visu‘, ma il TAR del Lazio l’aveva annullata.
  • Il Consiglio di Stato ha ripristinato l’obbligo di identificazione, ma sottolineato che sia possibile usare tecnologie per facilitare il processo.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 9101/2025 del 13 Novembre 2025, è intervenuto sul tema obblighi di identificazione degli ospiti da parte dei gestori delle strutture ricettive.

Tale sentenza ha parzialmente modificato quanto affermato dalla sentenza n. 10210/2025 emessa dal TAR del Lazio in relazione alla circolare ministeriale n. 38138 del 18 Novembre 2024 (potete leggere il precedente articolo pubblicato QUI).

In questo nuovo articolo abbiamo quindi aggiornato la trattazione dell’argomento.

Ed evidenziato gli aspetti considerati dal Consiglio di Stato ed i loro riflessi sugli oneri di tutti i gestori delle strutture ricettive.



L’art. 109 del T.U.L.P.S.

Per comprendere la questione dell’identificazione degli ospiti delle strutture ricettive, oggetto della Circolare ministeriale e delle due sentenze dell’Autorità Giudiziaria Amministrativa, è necessario partire dalla norma di riferimento: l’art. 109 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (T.U.L.P.S.).

L’art.109 del T.U.L.P.S. prescrive, al suo primo comma:

I gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, comprese quelle che forniscono alloggio in tende, roulotte, nonché i proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere, ivi compresi i gestori di strutture di accoglienza non convenzionali, ad eccezione dei rifugi alpini inclusi in apposito elenco istituito dalla regione o dalla provincia autonoma, possono dare alloggio esclusivamente a persone munite della carta d’identità o di altro documento idoneo ad attestarne l’identità secondo le norme vigenti”.

L’onere di identificazione degli ospiti

L’onere di identificazione degli ospiti stabilito dall’art.109 del T.U.L.P.S. è rimasto sostanzialmente immutato dal 1931 sino al 1993.

Poi è stato esteso a tutte le nuove tipologie di strutture ricettive.

Sino all’intervento legislativo di interpretazione autentica recato dall’art. 19 bis comma I del D.L. n. 113/2018, che lo ha reso obbligatoria anche con riguardo ai locatori o sublocatori che locano immobili o parti di essi con contratti di durata inferiore a trenta giorni.

Parallelamente, si sono registrati rimarchevoli evoluzioni sul fronte degli adempimenti strumentali volti ad assicurare effettività alla previsione del primo comma dell’art. 109 del TULPS.

Sino al 1993, l’obbligo prevedeva la tenuta a cura degli albergatori di un apposito registro in cui annotare le generalità e il luogo di provenienza degli ospiti.

Unitamente, sussisteva l’obbligo di comunicazione – su base giornaliera – all’autorità locale di pubblica sicurezza delle informazioni riguardanti l’arrivo, la partenza e il luogo di destinazione degli ospiti.

Il legislatore ha poi innovato la disciplina strumentale.

E’ stato stabilito che, in luogo del registro, si procedesse alla compilazione di una scheda, fatta compilare e firmare personalmente dagli alloggiati.

La scheda doveva essere integrata, a cura degli albergatori o altri esercenti predetti, dagli estremi del documento di identità, passaporto o documento equivalente.

E poi essere trasmessa all’Autorità di pubblica sicurezza, sempre con frequenza giornaliera.

Dal 1995 è stata introdotta la possibilità, sia pur in via alternativa e succedanea, della trasmissione dei dati mediante comunicazione, anche con mezzi informatici, effettuate secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno.

Dal 2011 è stato previsto che gli albergatori, entro le 24 ore successive all’arrivo degli ospiti, procedano a comunicare alle Questure territorialmente competenti le generalità delle persone alloggiate, avvalendosi di:

  • mezzi informatici
  • mezzi telematici
  • fax.
L’interpretazione della Corte Costituzionale

Per un’ulteriore approfondimento dell’argomento, è utile considerare l’interpretazione fornita, incidentalmente, dalla Corte Costituzionale, circa l’onere di identificazione degli ospiti delle strutture ricettive.

La Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 262 del 1 Luglio 2005, ha chiarito che “l’obbligo di comunicazione delle generalità delle persone alloggiate imposto dall’art. 109 terzo comma del TULPS investa una modalità di svolgimento di tale attività d’impresa alberghiera che si correla, con immediatezza, a specifiche esigenze di sicurezza pubblica“.

Il predetto obbligo è volto a consentire all’autorità di polizia la più rapida cognizione dei nominativi degli ospiti dell’albergo al fine di garantire la sicurezza pubblica nell’ambito dei compiti d’istituto individuati dall’art. 1 del TULPS”.

La circolare del Ministero dell’Interno

Per focalizzare l’argomento in trattazione, occorre innanzitutto richiamare quanto disposto dalla circolare emessa lo scorso anno dal Ministero dell’interno circa l’identificazione degli ospiti delle strutture ricettive.

Si tratta della circolare n. 38138 del 18 Novembre 2024 (di immediata applicazione), con la quale il Ministero aveva chiarito che, in applicazione dell’art. 109 del TULPS, l’assolvimento degli obblighi di identificazione degli ospiti gravanti sui gestori delle strutture possa essere garantito solo “de visu“.

Ossia, mediante verifica, effettuata in presenza, della corrispondenza tra la persona alloggiata ed il documento di identità nella disponibilità di quest’ultima.

Ciò in forza di quanto disposto dal DM 16 Settembre 2021, che ha modificato ed integrato il DM 7 Gennaio 2013 “Disposizioni concernenti la comunicazione alle autorità di pubblica sicurezza dell’arrivo di persone alloggiate in strutture ricettive“.

Ogni gestore avrebbe quindi dovuto effettuare l’identificazione di ciascun ospite in presenza; senza quindi poter ricorrere a strumenti o “prassi” alternative.

Il ricorso avverso la circolare ministeriale

Avverso la circolare ministeriale era stato promosso ricorso da parte della Federazione associazioni ricettività extralberghiera.

La ricorrente ne ha lamentato l’irrazionalità e l’illogicità della motivazione e la violazione del principio di proporzionalità, visto il carattere eccessivamente gravoso dell’obbligo imposto.

Per la Federazione ricorrente, inoltre, la circolare ministeriale non sarebbe stata idonea a raggiungere il suo obiettivo dichiarato.

Ciò in quanto l’identificazione de visu degli ospiti delle strutture ricettive di per sé non avrebbe annullato il rischio che l’alloggiato, dopo l’identificazione, potesse consegnare le chiavi dell’immobile ovvero conferire in altro modo l’uso a un altro soggetto non identificato.

La Federazione ricorrente ha inoltre censurato lo sviamento di potere, l’incompetenza e la violazione del principio di tipicità degli atti e provvedimenti amministrativi.

Ciò in quanto il Ministero avrebbe esercitato un potere non conferitogli dalla legge – ovvero, quello di definire le modalità di identificazione della clientela – e per aver, tramite una circolare amministrativa, introdotto limitazioni alla libertà di iniziativa economica privata e fornito un’interpretazione estensiva dell’art. 109 del T.U.L.P.S.

La circolare avrebbe infine creato una disparità di trattamento rispetto ad altre categorie professionali, come i noleggiatori di veicoli. 

La sentenza del T.A.R. del Lazio

Il TAR Lazio, con la sentenza n. 10210-2025, ha accolto il ricorso promosso dalla Federazione ed assentito al check-in da remoto quale modalità di identificazione degli ospiti delle strutture ricettive.

I giudici hanno annullato la circolare ministeriale, dichiarandola in contrasto con i principi costituzionali e normativi in materia di semplificazione, proporzionalità e legalità.

Tre sono i profili di illegittimità elencati dal TAR in sentenza:

  • l’obbligo del riconoscimento in presenza contraddice il principio di semplificazione introdotto con il D.L. n. 201/2011
  • non è stato dimostrato che il controllo de visu sia più efficace nel prevenire l’accesso di soggetti sconosciuti o pericolosi
  • non è stato giustificato in modo adeguato l’introduzione del divieto di check-in da remoto e proporzionato a garantire la sicurezza pubblica, a fronte di forti penalizzazioni per il settore turistico.

In conclusione, il TAR aveva osservato che non fosse neppure specificato per quale ragione strumenti diversi (ad esempio, la verifica dell’identità da remoto) non fossero stati ritenuti sufficienti a raggiungere il medesimo obiettivo, con minor pregiudizio sui destinatari dell’atto impugnato.

Ciò in linea col principio di proporzionalità che governa l’agire pubblico.

La sentenza del Consiglio di Stato

Circa l’onere di identificazione degli ospiti delle strutture ricettive, il Consiglio di Stato ha innanzitutto osservato che, sebbene il nucleo oggettuale dell’art. 109 del TULPS sia rimasto pressoché invariato dal 1931, la norma abbia subito una progressiva evoluzione in senso ampliativo delle categorie soggettive interessate dall’obbligo.

Sino appunto all’intervento legislativo di interpretazione autentica recato dall’art. 19 bis comma I del D.L. n. 113/2018 che ha esteso l’obbligo anche con riguardo ai locatori o sublocatori che locano immobili o parti di essi con contratti di durata inferiore a trenta giorni.

Per la Corte, la trama normativa ha inoltre mantenuto saldamente costanti una serie di ancoraggi che postulano, in via logicamente necessaria, l’identificazione de visu degli ospiti delle strutture ricettive.

Gli adempimenti obbligatori

Il Consiglio di Stato ha ben descritto quali siano i due adempimenti obbligatori:

  • la verifica che gli ospiti siano muniti di carta d’identità o di altro documento idoneo ad attestarne l’identità secondo le norme vigenti, quale condizione esclusiva per l’accesso al servizio alloggiativo;
  • la comunicazione da parte dei gestori mediante mezzi informatici o telematici o fax delle generalità delle persone alloggiate entro le ventiquattr’ore successive all’arrivo, e comunque entro le sei ore successive all’arrivo nel caso di soggiorni non superiori alle ventiquattro ore.

Entrambi gli adempimenti presuppongono che il gestore verifichi la corrispondenza delle generalità delle persone alloggiate con quelle attestate nei documenti di identità, quantomeno con riguardo alla fotografia effigiata nel documento.

Nell’ipotesi di stranieri extracomunitari, l’esibizione della carta d’identità è sostituita dall’esibizione di:

  • passaporto
  • altro documento che sia considerato ad esso equivalente inforza di accordi internazionali

purché il documento sia munito della fotografia del titolare.

Tale verifica non può che essere effettuata de visu.

Ciò in quanto il gestore deve accertare la presenza nella struttura ricettiva in una certa data della persona, compiutamente identificata nelle sue generalità.

Non può quindi ritenersi satisfattiva la prassi del c.d. check in da remoto attenzionata nella Circolare.

Ciò in quanto non permette di offrire sufficienti garanzie di riscontro circa luogo, tempo e corrispondenza visiva tra titolare del documento di identità e ospite della struttura.

Il Consiglio di Stato ha sottolineato che tale passaggio non sia mai stato soppresso dall’intervento novellistico di semplificazione recato dalla Legge n. 135 del 2001.

L’incidenza di tali norme è rimasta circoscritta alle sole modalità di comunicazione delle generalità degli ospiti.

La quale è espletabile non più con dichiarazione sottoscritta; ma con moduli telematici compilati dallo stesso gestore.

Le possibilità alternative indicate dal Consiglio di Stato

Per il Consiglio di Stato, l’identificazione de visu al centro delle contestazioni non si esaurisce esclusivamente nella verifica analogica in presenza dell’ospite da parte del gestore.

Attraverso le nuove tecnologie dell’informazione, la verifica potrebbe essere effettuata mediante appositi dispositivi di videocollegamento, predisposti dal gestore all’ingresso della struttura.

Ad esempio, all’atto dell’accesso alla struttura il documento può essere esibito o trasmesso dall’ospite con altro canale telematico (es. spioncino digitale o QR code che faccia un fermoimmagine).

Tali dispositivi devono però essere idonei ad accertare, hic et nunc, l’effettiva corrispondenza tra ospite e titolare del documento di identità.

Sono quindi da escludersi:

  • la semplice acquisizione dei documenti di identità degli ospiti, senza alcun controllo visivo
  • la trasmissione agli stessi dei codici di apertura automatizzata delle porte o di key box poste all’ingresso.

Ciò in quanto verrebbe così vanificata la ratio securitaria sottesa all’identificazione de visu ed alla successiva comunicazione all’Autorità locale di pubblica sicurezza previsti dall’art. 109 del TULPS.

La Corte ha osservato che la circolare ministeriale non tocchi questi aspetti; né, per converso, li escluda categoricamente. Si limita a censurare le procedure più estreme di check-in remoto.


Potete leggere il testo integrale dell’ordinanza della Consiglio di Stato QUI →

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