Per la giurisprudenza, è legittimo il licenziamento del lavoratore che installa programmi diversi da quelli consentiti dall’azienda.
Negli ultimi anni la giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, si è occupata sempre più spesso della problematica inerente all’utilizzo per fini personali di strumenti informatici messi a disposizione dal datore di lavoro ai suoi dipendenti per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Ed ha chiarito entro quali limiti sia legittimo il licenziamento del lavoratore che abusi di tali strumenti.
I presupposti necessari
Innanzi tutto, va ricordato che il Garante della privacy (con delibera n. 13 dell’1 Marzo 2007 pubblicata QUI →) abbia impartito le linee guida per l’utilizzo della posta elettronica e internet nei luoghi di lavoro.
Con tale provvedimento, il Garante ha suggerito l’adozione di un disciplinare interno, redatto in modo chiaro e senza formule generiche, da pubblicizzare adeguatamente.
Nel disciplinare interno deve essere specificato:
- se determinati comportamenti relativi alla navigazione in rete non siano tollerati (ad esempio, download di software o di file musicali);
- in quale misura sia consentito utilizzare, anche per ragioni personali, servizi di posta elettronica o di rete;
- indicazioni inerenti le modalità e l’arco temporale di utilizzo della rete a fini personali (ad esempio, fuori o durante l’orario di lavoro).
Occorre infatti sottolineare che se il datore di lavoro non abbia impartito tali disposizioni attraverso un disciplinare interno, i lavoratori potrebbero essere legittimati a ritenere tollerato l’utilizzo di strumenti informatici e della posta elettronica anche per scopi personali, nel rispetto della propria riservatezza.
Quindi, i limiti all’utilizzo degli strumenti di lavoro messi a disposizione dei dipendenti devono essere necessariamente indicati in un disciplinare.
Il disciplinare, inoltre, deve essere comunicato ai dipendenti (anche mediante affissione nella bacheca interna).
Quanto ai controlli, va precisato che, anche successivamente alla nuova formulazione dell’art. 4 della L. 300/1970 (c.d. Statuto dei lavoratori), persista il divieto di controlli diretti sull’attività lavorativa fini a sé stessi.
Per contro, è legittimo l’operato del datore di lavoro che esegua controlli sui PC aziendali al fine di verificare l’installazione non autorizzata di softwares.
Tali controlli possono infatti avvenire mediante verifica diretta sullo strumento di lavoro utilizzato dai dipendenti e sono finalizzati alla verifica del corretto utilizzo del computer.
La legittimità del licenziamento
Volta che l’azienda abbia adottato delle policies riguardanti l’utilizzo degli strumenti telematici messi a disposizione dei dipendenti, in tema di licenziamento (disciplinare) sarà necessario valutare la gravità della violazione contestata al lavoratore.
Uno dei casi più recentemente oggetto dell’attenzione della giurisprudenza è quello di un dipendente che, in violazione del regolamento interno affisso nella bacheca aziendale, aveva installato sul computer aziendale alcuni programmi che ne consentivano l’accesso a distanza e permettevano il collegamento a siti di streaming video.
Come precisato, è però indispensabile che l’azienda abbia provveduto ad informare adeguatamente tutti i lavoratori sulla possibilità di eventuali controlli sul proprio computer, con un documento affisso nella bacheca aziendale.
Ciò al fine di rispettare anche il dettato del terzo comma dell’art. 4, che permette l’utilizzabilità dei dati raccolti durante il controllo a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro; compresi quelli disciplinari.
Pertanto, nell’informativa – oltre ai citati eventuali controlli – deve essere esplicitato l’assoluto divieto di utilizzare software e programmi diversi da quelli installati ufficialmente dall’azienda.
Chiarito quindi che non sussista violazione di norme se le verifiche effettuate tramite il tracciamento informatico degli accessi siano dirette ad accertare comportamenti illeciti dei dipendenti dai quali possano derivare effetti negativi sul patrimonio aziendale e sull’immagine dell’impresa, la condotta di un lavoratore che installi softwares che consentato l’accesso abusivo e da remoto alla rete aziendale (per fini di natura esclusivamente personale) sia di tale gravità da legittimare la risoluzione del rapporto di lavoro.
Precisa la giurisprudenza che in un caso simile possa non rilevare il mancato accertamento di un danno prodotto all’azienda.
Ciò che conta è il fatto che queste operazioni erano state tutte compiute deliberatamente all’insaputa del datore di lavoro e che erano prive di qualsiasi motivazione in correlazione all’espletamento della prestazione lavorativa.
Deve ritenersi quindi legittimo il licenziamento del lavoratore che installa programmi diversi da quelli consentiti dall’azienda.
Altri comportamenti illeciti
La giurisprudenza ha inoltre precisato che qualora il datore il lavoro contesti un comportamento che integri una violazione di una norma penale o sia manifestamente contrario all’etica comune ovvero concreti un grave o comunque notevole inadempimento dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro (obbligo di diligenza e di fedeltà), la legittimità del licenziamento deriva direttamente dalla legge.
Conseguentemente, in casi simili è addirittura ininfluente la mancata conoscenza del regolamento interno da parte del lavoratore.