Quando si fa cenno ai vizi degli animali spesso il riferimento è al loro comportamento, a volte bizzarro. Ovvero alle abitudini adottate in conseguenza del comportamento (altrettanto bizzarro) dei loro proprietari.
Ma la Corte di Cassazione, in una recente ordinanza, ha spostato l’argomento “vizi degli animali” sulla questione della applicabilità della garanzia per vizi nelle vendite degli animali.
Il tema è certamente particolare ed abbiamo quindi deciso di approfondirlo in questo nostro articolo.
Il fatto storico
La vicenda giudiziale sulla quale s’è espressa la Corte di Cassazione riguarda la vendita, effettuata da un professionista, di un cane.
Il cane, al momento dell’acquisto, era privo di coda e di un testicolo.
L’acquirente aveva però scoperto, dopo la consegna dell’animale, che il cane aveva anche altre gravi malformazioni genetiche; per le quali aveva poi sostenuto consistenti spese per le cure.
L’acquirente aveva quindi chiesto la condanna del venditore alla riduzione del prezzo di vendita del cane per i vizi dell’animale; oltre al risarcimento dei danni.
Il Tribunale ha rigettato le richieste dell’acquirente; mentre la Corte d’Appello le ha parzialmente accolte.
La Corte ha ritenuto che l’assenza di coda e di un testicolo fossero vizi manifesti, tanto più che l’animale non era stato acquistato per finalità riproduttive e, in relazione a tali vizi, ha rigettato la domanda di riduzione del prezzo.
Quanto invece alle malformazioni a carico delle vertebre e dei tessuti molli, ha ritenuto che si trattasse di vizi occulti; ed ha condannato il venditore alla riduzione del prezzo ed al risarcimento dei danni.
Il venditore ha proposto ricorso in cassazione.
Le argomentazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha innanzitutto precisato l’ambito giuridico entro il quale si è svolta la vendita dell’animale:
- la vendita del cane sia stata effettuata nell’esercizio della attività professionale del venditore
- l’acquirente lo abbia acquistato per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana, estranee all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata.
La Corte ha poi individuato ulteriori presupposti giuridici per
- in tema di compravendita di animali, la persona fisica che acquista un animale da compagnia (o d’affezione), per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata, va qualificato a tutti gli effetti “consumatore”
- va qualificato “venditore”, ai sensi del Codice del consumo, chi, nell’esercizio del commercio o di altra attività imprenditoriale, venda un animale da compagnia.
L’art. 135 comma 2 del Codice del consumo stabilisce che, in tema di contratto di vendita, le disposizioni del codice civile si applicano “per quanto non previsto dal presente titolo“
L’art. 1469 bis c.c., introdotto dall’art. 142 del Codice del consumo, stabilisce che le disposizioni del Codice civile contenute nel Titolo “Dei contratti in generale” “si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal codice del consumo o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore“.
Esiste, dunque, nell’attuale assetto normativo della disciplina della compravendita, una chiara preferenza del legislatore per la normativa del codice del consumo relativa alla vendita ed un conseguente ruolo “sussidiario” assegnato alla disciplina codicistica.
La compravendita di animali
Chiarita l’applicabilità delle norme del Codice del consumo alla fattispecie, la Corte di Cassazione ricorda che la vendita degli animali sia regolata dall’art. 1496 c.c. che così dispone:
Nella vendita di animali la garanzia per i vizi è regolata dalle leggi speciali o, in mancanza, dagli usi locali.
Se neppure questi dispongono si osservano le norme che precedono.
Ossia, le Disposizioni generali del Codice civile in tema di vendita.
Per la Corte, venditore era pertanto tenuto a garantire il compratore dai vizi della cosa, ai sensi dell’art. 1476 comma 1 n. 3 c.c.
Salvo che i vizi non fossero evidenti o facilmente riconoscibili.
La garanzia per vizi era pertanto operante per le altre patologie dell’animale, definibili quali “vizi occulti“; che si erano manifestati dopo la vendita nonostante il venditore avesse garantito la qualità, sanità e purezza di razza del cane.
Si tratta di vizi che rilevano anche in relazione all’art. 130 del Codice del Consumo, nella formulazione ratione temporis applicabile, sotto il profilo del “difetto di conformità” del bene.
Ne consegue che, sia ai sensi della normativa civilistica (art. 1492 c.c.) che del Codice del Consumo
(art. 130 commi 2 e 7), gli acquirenti potevano chiedere, a loro scelta ed alternativamente:
- la riduzione del prezzo
- la risoluzione del contratto.
Oltre al risarcimento dei danni.
Potete approfondire l’argomento, leggendo il testo dell’ordinanza della Corte di Cassazione QUI →
Per la relativa consulenza od assistenza nell’ambito degli argomenti trattati in questo articolo, potete contattare l’avv. Andrea Spreafico.
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