Le distanze previste nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi non sono derogabili dai privati, secondo la Corte di cassazione.
E’ utile comprendere i motivi di tale orientamento giurisprudenziale ed individuarne le conseguenze.
Il fatto
La vicenda dalla quale ha tratto spunto la Corte di cassazione affrontare il tema delle distanze legali è accaduta nel comasco.
A conclusione di una causa civile, il Tribunale di Como ha infatti dichiarato la nullità di un contratto con il quale dei privati si sono reciprocamente concessi il diritto di realizzare costruzioni a distanza inferiore a quella indicata dalle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del Comune.
L’ordinanza della Corte di cassazione
La Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Como.
Ed il ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello è stato poi rigettato dalla Corte di cassazione, che ha ribadito il proprio consolidato orientamento.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di distanze legali nelle costruzioni, le distanze previste nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi non sono derogabili dai privati.
Ciò in quanto tali previsioni sono dettate – contrariamente a quelle del codice civile – a tutela dell’interesse generale a un prefigurato modello urbanistico.
Pertanto, non può prevalere l’accordo derogatorio stipulato tra privati.
La nullità delle convenzioni tra privati
L’inderogabilità delle distanze previste nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi ha varie conseguenze.
Una delle quali è l’invalidità – anche nei rapporti interni tra le parti – delle convenzioni stipulate fra proprietari confinanti che siano in contrasto con le norme urbanistiche in materia di distanze.
La nullità delle convenzioni in deroga stipulate tra privati è certamente un aspetto di rilievo, con conseguenze certamente significative, che possono riflettersi anche ai danni dei terzi (es. gli acquirenti degli immobili edificati in violazione delle distanze).
Potete leggere il testo integrale dell’ordinanza della Corte di cassazione QUI →