Doveri morali e di assistenza nelle unioni di fatto

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La Corte di Cassazione ha emesso una interessante sentenza in tema di doveri morali e di assistenza nelle unioni di fatto.

Atteso il fatto che le unioni di fatto (c.d. convivenze more uxorio) siano ormai sempre più diffuse in Italia, abbiamo quindi ritenuto utile ed interessante trattare l’argomento in questo nostro articolo.

Cosa si intende per unione di fatto

Per comprendere le indicazioni offerte dalla Corte di Cassazione, occorre innanzitutto delineare cosa di debba intendere per unione di fatto.

L’unione di fatto – altrimenti conosciuta come convivenza more uxorio – è il vincolo costituito da due persone maggiorenni che siano unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.
Dette persone devono essere coabitanti ed iscritte nel medesimo stato di famiglia.

Pertanto, i requisiti necessari perchè possa sussistere una unione di fatto sono i seguenti:

  • maggiore età dei conviventi more uxorio
  • coabitazione (o convivenza)
  • assenza di rapporti parentali (e di affinità e di adozione)
  • assenza di vincoli matrimoniali
  • assenza di unioni civili.

Va osservato che non siano considerate convivenze di fatto quelle in cui uno dei conviventi sia separato dal precedente coniuge ma non divorziato.

Perchè possa essere riconosciuta dall’ordinamento italiano, l’unione di fatto deve inoltre essere attestata da una dichiarazione resa dai componenti della coppia all’Ufficio anagrafe del luogo di comune residenza. 

E’ interessante rilevare che il numero delle unioni di fatto (o convivenze more uxorio) abbia superato il numero di matrimoni civili e religiosi celebrati annualmente in Italia e tra il biennio 2000-2001 e il biennio 2020-2021 sia più che triplicato, passando da circa 440.000 ad 1.450.000.
Per un ulteriore approfondimento, potete leggere il report pubblicato da ISTAT QUI →

Effetti giuridici delle unioni di fatto

Il nostro ordinamento riconosce specifici diritti non solo ai coniugi uniti in matrimonio (civile o religioso), ma anche ai conviventi di fatto.

I principali diritti riconosciuti dall’ordinamento ai conviventi sono i seguenti:

  • successione nel contratto di locazione della casa di comune residenza
  • inserimento nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare
  • di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali in caso di malattia e di ricovero
  • di designare il convivente quale rappresentante con poteri pieni o limitati in caso di malattia che comporti incapacità di intendere e di volere
  • di visita al convivente nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario
  • di risarcimento in caso di morte del convivente per fatto illecito altrui.

I conviventi possono inoltre stipulare il contratto di convivenza di fatto, per disciplinare i loro rapporti patrimoniali.

Il contratto deve avere forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato e può contenere:

  • le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale e casalingo
  • il regime patrimoniale della comunione dei beni (modificabile in corso di convivenza)
  • l’indicazione della residenza.
Differenze tra unione di fatto ed unione civile

Per trattare la materia ed evitare confusioni, è opportuno accennare a quali siano le differenze esistenti nel nostro ordinamento tra unioni di fatto (o convivenze more uxorio) ed unioni civili.

La principale differenza è costituita dal sesso dei componenti la coppia:

  • nell’unione di fatto la coppia può essere formata da persone di sesso diverso o dello stesso sesso
  • nell’unione civile la coppia è formata da persone dello stesso sesso.

La costituzione dell’unione civile avviene mediante dichiarazione di fronte all’Ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni. Mentre quella dell’unione di fatto mediante dichiarazione resa all’Ufficio anagrafe, senza testimoni.

Anche per l’unione civile il Legislatore ha previsto delle condizioni necessarie alla sua la valida costituzione:

  • assenza di rapporti parentali (e di affinità e di adozione)
  • assenza di vincoli matrimoniali
  • assenza di unioni civili
  • assenza di provvedimenti di interdizione di una delle parti per infermità di mente
  • assenza di condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altra parte.

Con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.

Dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione.

Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni.

Il regime patrimoniale dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, in mancanza di diversa convenzione patrimoniale, è costituito dalla comunione dei beni.

Al fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile.

Vi sono infine differenze in caso di morte. Mentre l’unione civile è parificata al matrimonio, nell’unione di fatto:

  • il diritto di abitazione al superstite spetta solo per un periodo limitato commisurato alla durata del rapporto di convivenza
  • la pensione indiretta o di reversibilità non spetta al componete della coppia superstite;
  • il convivente superstite non ha diritti successori, salvo che il de cuius non abbia fatto testamento in suo favore
  • il Trattamento di Fine Rapporto spetta solo se è previsto in un eventuale testamento fatto dal convivente defunto.

Per un approfondimento in ordine alle norme nazionali che regolano le unioni civili e le unioni di fatto potete far riferimento QUI →, mentre per quelle europee potete far riferimento QUI →

Le obbligazioni naturali

Sempre al fine di comprendere appieno gli argomenti in trattazione, occorre ricordare cosa intenda il nostro Legislatore per obbligazioni naturali.

Secondo l’art. 2034 c.c., le obbligazioni naturali attengono a “quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali“.

In tale ambito, il debitore non è soggetto al dovere giuridico di adempiere; ma esegue la prestazione per un dovere morale o sociale.

Ed una volta che l’ha eseguita, non può più ottenere la ripetizione o la restituzione di quanto ha prestato.

La caratteristica peculiare dell’istituto dell’obbligazione naturale permette all’ordinamento di adattarsi alle nuove esigenze sociali, dando un valore giuridico a determinati comportamenti che la società ritiene siano vincolanti.

I doveri morali e di assistenza per la Cassazione

Chiarito il quadro normativo di riferimento, possiamo trattare gli aspetti di dettaglio dell’ordinanza emessa dalla Corte di Cassazione in tema di doveri morali e di assistenza nelle unioni di fatto.

Per la Corte, le unioni di fatto sono formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi nell’ambito di un legame matrimoniale; e che assumono rilievo ai sensi dell’art. 2 Cost.

Sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell’altro.

Tali doveri si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale.

Pertanto, le attribuzioni finanziarie a favore del convivente more uxorio, effettuate nel corso del rapporto per far fronte alle esigenze della famiglia, configurano l’adempimento di un’obbligazione naturale ex art. 2034 c.c.

Il dovere di assistenza materiale nei confronti dell’ex convivente more uxorio

La Corte ha ritenuto di poter ricondurre nell’alveo dei doveri sociali e morali, in rapporto alla valutazione corrente nella società, anche quello solidaristico nei confronti dell’ex convivente more uxorio.

E’ stato cioè ravvisato che sussista e sia meritevole di tutela il dovere sociale e morale di solidarietà anche nel periodo successivo alla cessazione del rapporto, avuto riguardo alla specificità del caso concreto.

Il dovere morale e sociale di assistenza materiale nei confronti dell’ex convivente more uxorio, anche dopo la cessazione del rapporto, si pone in linea coerente e conforme “alla valutazione corrente nella società“, stante l’affermarsi di una concezione pluralistica della famiglia.

Pertanto, tale dovere è idoneo a configurarsi come obbligazione naturale, nella ricorrenza anche degli altri requisiti previsti dall’art. 2034 c.c.

La Corte ha precisato che anche in rapporto ai doveri morali e sociali di assistenza materiale sussistenti dopo la cessazione del rapporto di convivenza more uxorio debbano essere rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza, per la cui valutazione occorre tener conto di tutte le circostanze fattuali, oltre che dell’entità del patrimonio e delle condizioni sociali del solvens.


Potete approfondire l’argomento leggendo il testo della ordinanza della Corte di Cassazione QUI →

Per la relativa consulenza od assistenza nell’ambito degli argomenti trattati in questo articolo, potete contattare l’avv. Andrea Spreafico o l’avv. Riccardo Spreafico.

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